Agenzia Entrate: ricorso per errore sulla certificazione unica
15 settembre 2018
Mio marito vorrebbe fare ricorso alla Agenzia delle Entrate riguardo un avviso di conguaglio riferito alla tassazione su TFR-Buonuscita del 2014, quando a 60 anni è stato esodato dalla sua azienda con TFR buonuscita (incentivo all’esodo) adducendo sofferenza economica (l’azienda ha licenziato tre dipendenti e poi ha preso ufficio in centro città, trasferendosi dalla periferia). Abbiamo fatto fare dal commercialista il controllo del 730 del 2014 e risulta compilato correttamente dal Caf . L’azienda però ha, a suo tempo, omesso la cifra di effettiva buonuscita e relativa tassazione pagata su quella liquidazione, non permettendo al commercalista-caf di controllare la correttezza dei dati e l’effettiva tassazione da pagare. Nella certificazione che l’azienda ha fornito a mio marito non è riportata la buonuscita di 40.644 nè la ritenuta di 9.644. abbiamo ricevuto solo ieri l’altra certificazione unica con le cifre del totale della buonuscita e della tassazione effettivamente pagata dalla azienda per cui prima come facevamo noi e il caf a calcolare la correttezza delle tasse pagate? È giusto fare ricorso?
È comprensibile che, a causa dell’errore presente sulla certificazione unica consegnata al lavoratore, sia stata dichiarata una somma diversa da quella effettivamente percepita; tuttavia, non si tratta di un errore scusabile tale da non comportare il pagamento dell’Irpef. Ciò in quanto, a prescindere dai dati riportati dalla certificazione unica, il dipendente è a conoscenza della somma effettivamente liquidata a titoli di TFR da parte del datore di lavoroed è tenuto a dichiararla. Egli è inoltre tenuto a verificare che i dati riportati nella certificazione unica siano corretti e a richiedere una nuova certificazione nell’ipotesi in cui si accorga della presenza di errori, prima o dopo l’invio del Modello 730. È quanto chiarito anche dall’Agenzia delle Entrate con circolare n. 26/E del 2015, ove si legge che: il contribuente ha l’obbligo di dichiarare i redditi percepiti. Nel caso in cui un reddito non viene indicato nella dichiarazione precompilata a causa della mancata trasmissione della Certificazione Unica da parte del sostituto d’imposta (- ipotesi alla quale si può paragonare la certificazione unica errata), il contribuente dovrà integrare la dichiarazione precompilata. In caso contrario, sarà soggetto al controllo da parte dell’Agenzia delle entrate per dichiarazione infedele.
Per quanto riguarda la responsabilità del sostituto d’imposta, è prevista una sanzione di 100 euro per ogni certificazione errata, o trasmessa tardivamente o non trasmessa.
Ne deriva dunque, la legittimità della richiesta di pagamento dell’imposta, dato che dalla comunicazione dell’Agenzia delle Entrate risultano i dati corretti (anche con riguardo alla ritenuta operata dal datore di lavoro). Si consiglia alla lettrice tuttavia di verificare, anche con l’aiuto del commercialista, che l’imposta intimata tenga conto di quella già versata nel 2015.
Vista la legittimità della comunicazione e la debenza dell’Irpef e visto che non sono state applicate sanzioni, il ricorso è sconsigliabile in quanto vedrebbe il marito della lettrice soccombente, con probabile condanna al pagamento delle spese legali.
Articolo tratto dalla consulenza resa dall’avv. Maria Monteleone
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