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domenica 31 dicembre 2023

E il patrimonio immobiliare del Fondo Buonuscita?

 Vi invitiamo a visitare
 questa pagina 
del sito GFBuonuscita.

Lo sapevate?
Che ne dite?

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Interessante questo articolo pubblicato il 30/12/2023 dal Corriere Adriatico - Pesaro

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Villa Marina, pannelli anti degrado con le antiche facciate della colonia

Nuovo look per la Capitale della cultura finanziato dall’Inps, tutto pronto entro fine gennaio

 Villa Marina, pannelli anti degrado con le antiche facciate della colonia

di Miléna Bonaparte

Sabato 30 Dicembre 2023

 

PESARO - Bisognerà accontentarsi in attesa del piano di recupero che potrebbe trasformare i “giganti” di cemento in riva al mare in un residence con 60 mini appartamenti per anziani. Dopo essersi spogliata dei teli bianchi che svolazzavano come fantasmi, Villa Marina sta per indossare l’abito delle feste in occasione della Capitale italiana della cultura che scocca a mezzanotte di San Silvestro. Ma i lavori, appena avviati, saranno conclusi entro fine gennaio.

APPROFONDIMENTI

IN VENDITA

Il Comune di Pesaro mette all'asta i suoi beni (e spera di farci 5 milioni): nella lista anche Villa Marina e la scuola Mascarucci

Operazione immagine

L’Inps, proprietario dell’immenso edificio del Ventennio in stile razionalista, circa 8.000 metri quadrati, con il Fondo Buonuscita Poste italiane e il Comune, sta installando enormi pannelli su viale Trieste e nel lato ovest, verso il porto, che riproducono il disegno grafico della facciata originale della ex colonia, quando accoglieva per le vacanze estive i figli dei postelegrafonici che arrivavano con i treni organizzati dal regime fascista.

Mentre sul fronte est, che rappresenta una sorta di portale d’ingresso per chi arriva dalla Palla, in primavera sarà realizzata un’installazione artistica ancora allo studio. Un’operazione immagine per Pesaro 2024, dopo oltre 40 anni di abbandono e degrado in un angolo decisamente indecoroso del lungomare, finanziata dall’Inps con circa 100 mila euro.

«L’idea sulla quale si basa l’intervento - spiega Filippo Galeazzi, coordinatore del progetto - è quella di sanare l’aspetto abbandonato della struttura che incombe da anni e quindi ricoprire le mura dismesse con pareti decorative e anche di protezione. Un intervento semplice che si sta realizzando nel rispetto delle indicazioni di Soprintendenza e Inps, che hanno approvato gli elaborati. Mi auguro che l’installazione sia di stimolo per portare a termine un vero e proprio piano di recupero e riutilizzo dell’imponente struttura», come del resto ha annunciato l’istituto di previdenza che vorrebbe realizzare degli appartamenti di senior housing. Quando sarà pronto il nuovo look di Villa Marina? «Entro l’8 gennaio, quando prenderà il via l’allestimento, saranno definiti anche i tempi di ultimazione - precisa Galeazzi -, in ogni caso non ce la faremo prima di fine mese a installare tutto. Per ora è stata realizzata una griglia, o meglio un ponteggio a tubi e giunti che formerà il reticolato sul quale fissare i pannelli. Una copertura con disegnato il profilo storico della facciata del palazzo sul lato viale Trieste e lato ovest, mentre sul versante est dobbiamo ancora decidere. Ci siamo affidati al nostro studio grafico, il disegno è essenziale e sarà corredato dai loghi della Capitale della cultura, dell’Inps e della Gestione fondo buonuscita Poste italiane».

Work in progress

Invece nella parte affacciata sulla spiaggia, dove il forte vento e la salsedine potrebbero danneggiare tutto daccapo, per ora non è stato previsto alcun rivestimento, ma il progetto è work in progress. Una colonia mastodontica quella di Villa Marina, quattro blocchi per le camere e un refettorio in grado di mettere a tavola più di 500 bambini che ogni estate arrivavano a Pesaro con i treni organizzati dal partito nazionale fascista. Sole, acqua di mare e pane a volontà, tanto quanto le dottrine e i canti di regime che tutte le sere al tramonto i piccoli ospiti intonavano raggruppati nel piazzale principale di fronte all’edificio. Ma questa è un’altra storia.

Fonte

giovedì 7 dicembre 2023

TFR/TFS: dopo sentenza di anticostituzionalità, cos’è cambiato?

 TFR/TFS dipendenti pubblici: dopo sentenza di anticostituzionalità, cos’è cambiato?

 Di Maria Luisa Asta

Pubblicato il: 06/12/2023

Il caso del TFR e TFS: lentezza e disparità tra pubblico e privato nell'erogazione dei trattamenti di fine rapporto
Nell'ultimo decennio, il comparto della pubblica amministrazione in Italia ha sperimentato una serie di tagli e compressioni, principalmente a causa di provvedimenti legislativi mirati alla revisione della spesa pubblica. Il quadro normativo è stato plasmato da decreti urgenti, come il n. 138 del 2011, noto come "decreto salva Italia," e successivi provvedimenti come il decreto-legge n. 95 del 2012 e il decreto-legge n. 101 del 2013.

Tuttavia, uno degli aspetti più controversi emersi da questa stagione di riforme è la disparità di trattamento nei pagamenti di fine lavoro, in particolare riguardo al Trattamento di Fine Rapporto (TFR) e al Trattamento di Fine Servizio (TFS). La riforma introdotta con gli articoli 24 del decreto salva Italia e successivi ha creato una situazione di oggettiva disparità tra i lavoratori del settore pubblico e privato.

Per i dipendenti pubblici, i tempi di attesa per l'erogazione del trattamento possono estendersi fino a oltre due anni, a seconda delle cause di cessazione del rapporto di lavoro. Nel settore privato, invece, i tempi variano in base alla contrattazione collettiva, con limiti che, ad esempio, nel settore terziario possono scendere a soli 30 giorni.

La situazione è giunta a un punto critico con la sentenza n. 130 del 2023 della Corte costituzionale, che ha dichiarato l'incostituzionalità del differimento dei trattamenti di fine servizio per i dipendenti pubblici. La Corte ha ritenuto che il pagamento rateale possa ledere il principio costituzionale della giusta retribuzione, che include non solo la congruità dell'ammontare corrisposto ma anche la tempestività dell'erogazione.

Nonostante la decisione della Corte costituzionale, l'Istituto Nazionale di Previdenza Sociale (INPS) continua a versare il TFR seguendo i criteri dichiarati illegittimi dalla sentenza, senza fornire alcuna motivazione.

Di fronte a questa situazione, è stata presentata, al Senato, un'interrogazione a risposta scritta, a firma del Sen. Mazzella (M5S) che chiede al Governo, di conoscere le iniziative, anche di carattere normativo, che i Ministri competenti intendano adottare per dare attuazione alle decisioni della Corte costituzionale. Allo stesso tempo, la senatrice chiede di comprendere le ragioni per cui persiste la disparità di trattamento nel versamento del TFR, nonostante la pronuncia incisiva dell'organo costituzionale.

Fonte

venerdì 1 dicembre 2023

XI Commissione Lavoro: interrogazione Benzoni a risposta immediata

Commissione lavoro della Camera - Giovedì 30 Novembre 2023 ore 14:00

La Commissione Lavoro ha svolto interrogazioni a risposta immediata su questioni di competenza del Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali.

Di seguito il link per il video della seduta.

Ci sono tutte le interrogazioni, le risposte del Sottosegretario Durigon, per il Governo e le repliche.
L'argomento Buonuscita è dal minuto 5:40 al minuto 12:30. 

Sorprende come il Sottosegretario Durigon abbia esordito dicendo di aver acquisito elementi da Poste Spa e da INPS, quando c'è un'ampia documentazione parlamentare sull'argomento che il Presidente di Commissione - l'On. Walter Rizzetto - conosce bene.

Per questo si è "dimenticato" degli impegni assunti con risoluzioni parlamentari del 2006 e del 2012 ed i 4 Ordini Del Giorno approvati nella scorsa legislatura con parere favorevole del Governo Conte 1 nel quale era - come oggi - Sottosegretario. Invece ha citato le sentenze della Corte Costituzionale del 2006 e della Cassazione del 2008 e 2013, come se le parole e gli atti parlamentari successivi non fossero mai esistiti. Solo una vaga dichiarazione che l'argomento "è materia di attenzione da parte del Governo", insieme alla preoccupazione che l'eventuale aggiornamento dell'indennità di Buonuscita comporterebbe l'allocazione di ingenti risorse finanziarie e la modifica dell'attuale disciplina in materia.

Abbiamo estratto la parte che ci riguarda.


CAMERA DEI DEPUTATI
Giovedì 30 novembre 2023
209.
XIX LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Lavoro pubblico e privato (XI)

INTERROGAZIONI A RISPOSTA IMMEDIATA 

  Giovedì 30 Novembre 2023. — Presidenza del presidente Walter RIZZETTO. – Interviene il sottosegretario di Stato per il lavoro e le politiche sociali, Claudio Durigon.

(estratto)

5-01679 D'Alessio: Iniziative volte a consentire ai lavoratori di Poste Italiane Spa di usufruire di un costante aggiornamento dell'indennità di buonuscita.
  Antonio D'ALESSIO (AZ-PER-RE) illustra l'interrogazione in titolo.

  Il sottosegretario Claudio DURIGON risponde all'interrogazione in titolo nei termini riportati.

TESTO DELLA RISPOSTA 

Grazie Presidente. Passo ad illustrare l’atto di sindacato ispettivo con cui l’Onorevole chiede quali iniziative di competenza si intendono adottare per consentire ai lavoratori di Poste Italiane S.p.A., sia quelli cessati sia quelli ancora in servizio, di usufruire di un costante aggiornamento del valore dell’indennità di buonuscita.
Acquisiti elementi da parte di Poste Italiane S.p.A., dalla competente direzione generale per le politiche previdenziali e assicurative e da INPS, si rappresenta quanto segue.
Preliminarmente, è opportuno ricordare che il processo di privatizzazione di Poste italiane S.p.A. ha avuto inizio con l’emanazione del decreto-legge n. 390 del 1993 che ha segnato l’avvio del passaggio dell’amministrazione delle poste e telecomunicazioni nell’ente pubblico economico Poste italiane. Il provvedimento ha, tra l’altro, previsto che, a decorrere dal primo agosto 1994, al trattamento di quiescenza di tutto il personale in servizio presso l’ente Poste italiane provvedesse l’istituto postelegrafonici (Ipost), oggi Gestione Commissariale fondo buonuscita per i lavoratori di Poste italiane, applicando la normativa prevista per il personale statale.
In ragione del completamento del procedimento di privatizzazione, la legge n. 449 del 1997 ha disposto che al personale dipendente di Poste italiane S.p.A. spetta, per il servizio prestato a decorrere dal 28 febbraio 1998, il trattamento di fine rapporto (TFR), di cui all’articolo 2120 del codice civile e, per il periodo lavorativo antecedente, l’indennità di buonuscita maturata, calcolata secondo la normativa vigente anteriormente alla suindicata data.
Con riferimento a quanto rilevato dall’interrogante in ordine alla mancata rivalutazione ed anticipazione dell’indennità di buonuscita, occorre precisare quanto segue.
L’indennità di buonuscita dovuta al personale postelegrafonico, relativa alla parte del rapporto avente natura pubblicistica, è disciplinata, in via generale, dal decreto del Presidente della Repubblica n. 1032 del 1973 e dall’articolo 53 della legge n. 449 del 1997 che, nel confermare che la buonuscita va calcolata in base alla normativa in vigore alla data della trasformazione dell’ente Poste italiane in società per azioni, non prevede alcuna forma di rivalutazione dell’indennità in argomento.
Sul punto è intervenuta la Corte costituzionale che, nella sentenza n. 366 del 2006, ha dichiarato infondata la questione di legittimità costituzionale dell’articolo 53, comma 6, lettera a) della legge n. 449 del 1997, nella parte in cui non prevede alcuna forma di indicizzazione (o di adeguamento monetario) nel tempo per l’indennità di buonuscita.
Anche la Corte di cassazione, con le sentenze nn. 28281 del 2008 e 8444 del 2013 ha affermato il principio di diritto in base al quale « la componente del complessivo trattamento di fine rapporto dovuto ai dipendenti delle Poste Italiane S.p.A. per il servizio prestato a tutto il 28 febbraio 1998, data in cui l’ente è stato trasformato in società per azioni, è costituito dall’ammontare dell’indennità di buonuscita, calcolata nel suo ammontare sulla retribuzione corrisposta a tale data e secondo i criteri fissati dal decreto del Presidente della Repubblica n. 1032 del 1973 ».
Concludo, infine, rappresentando che la vicenda esposta dall’Onorevole interrogante è meritoria di attenzione da parte del Governo ma, allo stesso tempo, è importante precisare che l’ipotesi di un aggiornamento del valore dell’indennità di buonuscita comporterebbe, unitamente alla modifica dell’attuale disciplina in materia di buonuscita, l’allocazione di ingenti risorse finanziarie, la cui possibilità di reperimento deve essere valutata alla luce dell’attuale quadro congiunturale e nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica.

  Fabrizio BENZONI (AZ-PER-RE), in qualità di cofirmatario dell'interrogazione in titolo, replicando, ritiene paradossale che sia congelata di fatto l'indennità di buonuscita di circa 200 mila dipendenti postali, considerato che la prestazione viene calcolata sulla base dei valori retributivi utili in vigore al 28 febbraio 1998, a differenza di quanto avviene per gli altri lavoratori pubblici e privati. Auspica un intervento del Governo che ponga fine a tale evidente stortura, che è stata segnalata a più riprese con vari strumenti di sindacato ispettivo.

lunedì 27 novembre 2023

L’anticipo del TFS? Pagando interessi almeno il 5%

Anticipo TFS: schizzano gli interessi, nuova tassa di 2.500 euro per i pensionati

Novembre 27, 2023 di Antonetta Del Prete

Arrivano cattive notizie per gli ex dipendenti che vorrebbero beneficiare dell’anticipo sul Trattamento di Fine Servizio. Ecco cosa succede.

L’anticipo del Trattamento di Fine Servizio (TFS) per i dipendenti pubblici, una volta un beneficio atteso con ansia, sta diventando sempre più oneroso, con interessi che raggiungono livelli record. Questo fenomeno ha creato un contesto finanziario difficile per coloro che cercano di accedere anticipatamente ai fondi che, in teoria, spetteranno loro in futuro.

Il rendimento del TFS ha superato il 5%, una cifra significativamente più alta rispetto al tasso di rendimento generale, che attualmente si attesta intorno al 4,4%. Questo aumento ha un impatto diretto sui pensionati ex dipendenti pubblici che cercano l’anticipo del TFS, rendendo i prestiti particolarmente costosi. Addirittura, per i prestiti più lunghi, la percentuale di interesse supera la soglia del 5%.

Il danno e la beffa

La Consulta ha dichiarato incostituzionale il pagamento differito del TFS ai dipendenti pubblici, sottolineando la disparità di trattamento tra settore pubblico e privato. Nonostante questa decisione, il governo non ha ancora intrapreso azioni correttive significative, lasciando i dipendenti pubblici in uno stato di incertezza finanziaria. La sentenza della Consulta, giunta in estate, chiedeva al parlamento di porre fine gradualmente a questa disparità di trattamento. Tuttavia, fino a Natale, non sono stati apportati cambiamenti significativi, lasciando il problema irrisolto.

Il danno economico per i dipendenti pubblici è evidente. Gli interessi applicati sull’anticipo del TFS raggiungono cifre considerevoli, arrivando a quasi 2.500 euro per prestiti più lunghi. Questa situazione solleva interrogativi sulla logica di imporre tali costi agli individui che cercano di accedere ai propri fondi. Il TFS nel settore pubblico non viene pagato al momento della pensione, ma viene ritardato di due anni dopo il raggiungimento dell’età massima di pensionamento, vale a dire i 67 anni. Per chi sceglie la pensione anticipata, l’attesa può estendersi fino a sette anni. La Consulta ha sottolineato l’importanza della tempestività nell’erogazione dei fondi, ma nonostante ciò, il governo non ha adottato misure tempestive per risolvere questa disparità.

In conclusione, i dipendenti pubblici sono costretti a fronteggiare costi elevati e ritardi inaccettabili nell’accesso al loro Trattamento di Fine Servizio. È imperativo che il governo agisca tempestivamente per correggere questa situazione e garantire un trattamento equo per tutti i lavoratori, indipendentemente dal settore di impiego.

 Fonte


mercoledì 22 novembre 2023

Neanche il sollecito produce una risposta del Governo all'interrogazione

Ancora nessuna risposta all'interrogazione dell'On. Benzoni, nonostante il sollecito del 27/09/2023. Ringraziamo l'on. Benzoni per la sua determinazione. Se non ci saranno risposte entro fine anno verrà chiesto un ulteriore sollecito.




domenica 12 novembre 2023

Cosa fa il legislatore?

Anticipo del Tfs, tradite le attese. Consulta ignorata e lavoratori disarmati. Il pagamento resterà fino a 7 anni dopo la pensione


 - 12 Novembre 2023 

 Gli studiosi d’economia lo conoscono bene e lo chiamano “effetto annuncio”. Questa è la definizione che gli dà la Treccani, cioè la Cassazione della lingua italiana: “Variazione del comportamento degli operatori economici per effetto dell’annuncio di provvedimenti di politica economica da parte delle autorità di governo dell’economia. In conseguenza dell’effetto di annuncio, gli agenti economici mutano le proprie decisioni prima, e in una certa misura, indipendentemente dalla concreta attuazione delle misure annunciate, in quanto, in base al principio di razionalità, i loro comportamenti sono condizionati non dall’annuncio in sé, ma dalle aspettative rispetto agli effetti futuri dei provvedimenti annunciati”.

È una strategia che non si applica solo ai mercati, ma rende bene anche in politica o nei rapporti sindacali: c’è forte tensione su diversi temi e allora annunci che è un arrivo una soluzione attesa da tempo da una vasta platea e magicamente la tensione si placa, anche perché, quanto meno, di fronte alla novità lo schieramento avverso non è più compatto: c’è chi è soddisfatto, c’è chi semplicemente apprezza l’apertura e c’è ovviamente chi continua a protestare, ma è più solo e soprattutto l’attenzione si è ormai spostata dal problema alla soluzione.  Intanto il tempo passa, spuntano nuove tensioni, contrastate da altri annunci e così via. Se poi alle parole non seguono i fatti, poco male, per lo meno si è preso tempo e c’è sempre un’emergenza più impellente e le parole, si sa, sono come foglie nel vento. Chi se le ricorda tutte? Peccato, però, che talvolta è la vita a sollecitare la memoria, basta chiedere ad un pensionato della pubblica amministrazione che da anni aspetta il suo Tfs se si è dimenticato della promessa del governo di fargli ricevere subito i soldi, accollandosi l’onere dei costi di un prestito bancario.

Ricostruiamo la vicenda per chi se ne fosse dimenticato. Il Tfs, il Trattamento di fine servizio, a differenza del Tfr (Trattamento di fine rapporto) dei dipendenti privati, non viene pagato al momento dell’andata in pensione, ma due anni dopo il raggiungimento dell’età massima per la quiescenza, cioè i 67 anni, il che significa che in caso di pensione anticipata bisogna attendere anche sette anni per avere quei soldi che gli altri pensionati hanno subito a disposizione. Una disparità di trattamento che la Corte Costituzionale ha già bocciato due volte, chiarendo che non c’è differenza tra Tfr e Tfs, perché anche quest’ultimo non è altro che una forma di “retribuzione differita con concorrente funzione previdenziale, nell’ambito di un percorso di tendenziale assimilazione alle regole dettate nel settore privato dall’art. 2120 del codice civile”. E non solo: essendo retribuzione differita il tfs rientra nei confini dell’art. 36 della Costituzione, quello che sancisce il diritto del lavoratore “ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un’esistenza libera e dignitosa”.

Fonte

Leggi anche INFODIFESA del 2/12/2023

domenica 29 ottobre 2023

Perché aderire al Comitato Buonuscita PT

Molte persone ci scrivono in privato chiedendo informazioni personali (a volte in modo pretenzioso) come se fossimo uno sportello, emanazione di chissà quale entità.

NO! Siamo semplicemente colleghi, o ex colleghi coscienti di aver subito un'ingiustizia e determinati nel combatterla con le armi a disposizione provenienti dalla conoscenza e dalla condivisione in gruppo, utile per tutti.

Ciascuno di noi ha il proprio angolo di visuale, insieme si amplia quella di tutti.
Per questo riproponiamo questo post del Comitato già pubblicato il 15 marzo 2016.

Aderisci al comitato

Perché aderire al comitato?
Su Facebok c'è una sempre più crescente presenza. Significa che molti di noi sono interessati a leggere le notizie sulla Buonuscita e a loro modo aderiscono a questa battaglia per far emergere l'argomento. 
Questo è bene. 
Ma a noi interessa AVERE PERSONE FORTEMENTE MOTIVATE, disposte ad aderire e far crescere il comitato che sta prendendo forma: insieme dovremo provare a percorrere qualche strada. Anche fisicamente.

Ribadiamo:
- Non chiediamo soldi.
(a beneficio dei dietrologisti) Non siamo emanazione di... ma un gruppo di scopo.
- Non siamo il Messia e quindi non facciamo miracoli, né vogliamo alimentare illusioni.
Vogliamo provare a cambiare le cose. INSIEME. Con chi ci sta.

Ci muove la certezza di aver ragione.
Tra di noi ci sono anche alcuni esodati, che, oltre a quella condizione subiscono anche questo trattamento "privilegiato". 
Le nostre giuste ragioni devono essere fatte valere ponderando bene tutti gli elementi per poi decidere come agire.

Si aderisce al comitato scrivendo a: buonuscitapt@gmail.com comunicando i seguenti dati:
Nome - Cognome - indirizzo completo - Provincia - 
telefono - cell - e.mail – PERSONALI (non professionali)
Data di assunzione

Sei Attualmente dipendente? 
(oppure) Sei stato dipendente fino al...

Chi ci si mette, poi deve anche remare. Starci da passeggeri si sta come la zavorra.

lunedì 16 ottobre 2023

La solita tempestiva presenza

A differenza di blablatici interessamenti dichiarati occasionalmente da qualche sigla sindacale, finora abbiamo trovato tempestiva ed opportuna attenzione solo da La Settimana Postale.



venerdì 13 ottobre 2023

Sindacati di Polizia chiedono di cancellare il differimento del TFS

Al Signor Ministro dell’Economia e delle Finanze
On.le Giancarlo Giorgetti 

Al Signor Ministro dell’Interno
Pref. Matteo Piantedosi

Al Signor Ministro della Pubblica Amministrazione
Sen. Paolo Zangrillo

All’ Istituto Nazionale della Previdenza Sociale

e, p.c. Al Signor Capo della Polizia

Pref. Vittorio Pisani


Prot.  07/SIAP-ANFP/2023          Roma, 11 ottobre 2023

Oggetto: Richiesta intervento normativo per sanare l’ingiusto differimento del trattamento di fine servizio.

Da lungo tempo avevamo colto il disagio di tutti gli appartenenti della Polizia di Stato che vivono il differimento e la dilazione del TFS con sentimento di frustrazione e di ingiustizia, che cade proprio nel delicato momento della fuoriuscita dal mondo del lavoro e il passaggio al sistema pensionistico.

Proprio per questo motivo si è promosso un ricorso innanzi al TAR Lazio, finalizzato a sollevare la questione della legittimità costituzionale degli artt. 12 del d.l. 78/2010 e 3 del d.l. 79/1997, le norme “emergenziali” che avevano introdotto rispettivamente la rateizzazione in più tranches del TFS ed il differimento di un anno per il primo pagamento nei confronti dei dipendenti collocati a riposo per anzianità massima anagrafica o di servizio. 

Come ormai è ben noto a tutti, la Corte costituzionale con sentenza n. 130/2023, ricollegandosi alla sua precedente sentenza n. 150 del 2019, pur avendo dichiarato la questione proposta “inammissibile” - in quanto il TFS costituisce un rilevante aggregato della spesa corrente che incide sensibilmente sul bilancio statale - ha tuttavia riconosciuto che le norme impugnate violano il criterio della ragionevolezza nella pur eccezionalmente ammissibile compressione del diritto dei lavoratori alla tempestiva corresponsione.

La sentenza ha sancito che “La lesione delle garanzie costituzionali determinata dal differimento della corresponsione delle prestazioni in esame esige, infatti, un intervento riformatore prioritario, che contemperi l’indifferibilità della reductio ad legitimitatem con la necessità di inscrivere la spesa da essa comportata in un organico disegno finanziario che tenga conto anche degli impegni assunti nell’ambito della precedente programmazione economico-finanziaria”.

L’attuale situazione inflazionistica ha acuito l’urgenza di un intervento legislativo; infatti, non essendo la prestazione previdenziale controbilanciata dal riconoscimento della rivalutazione monetaria, il ritardo finisce per incidere sulla stessa consistenza economica della prestazione. 

Al riguardo, si evidenzia in primo luogo che il dato finale dell’inflazione certificato dall’Istat è pari a l’8,1%, in secondo luogo il costo della cessione del TFS, in base alle convenzioni bancarie è del 3%, mentre fuori dalle convenzioni ammonta al 6%. Perciò, il taglio del potere di acquisto del trattamento di fine servizio può arrivare fino al 14%, tale riduzione è un’autentica iniquità che grava sul pubblico dipendente.

Sempre la Consulta ha sancito che neanche può ritenersi satisfattiva la disciplina di anticipazione della liquidazione introdotta dall’art. 23 del d.l. n. 4 del 2019 o da ultimo dalla deliberazione del Consiglio di amministrazione dell’INPS 9 novembre 2022, n. 219, che consentono di usufruire di un finanziamento con onere a carico del dipendente, perché anche tali misure continuano a scaricare sulle spalle dei dipendenti interessati l’onere economico per l’erogazione tempestiva dell’emolumento.  

Oltretutto, la disponibilità fornita spontaneamente dall’INPS ad erogare il finanziamento, lascia ben intendere che l’Istituto dispone nelle proprie casse della liquidità necessaria e pertanto il costo economico che viene scaricato sui dipendenti si rivela una ingiusta ed indebita attività lucrativa. Questo illegittimo balzello diventa ancora più odioso per coloro i quali saranno collocati in quiescenza esclusivamente con il sistema contributivo. Questi colleghi, infatti, non soltanto saranno costretti a fare ricorso ad assicurazioni private, durante l’attività di servizio, per evitare l’eccessiva riduzione della pensione rispetto ai loro predecessori, ma dovranno sostenere anche il costo finanziario per la tempestiva liquidazione del loro TFS!

Nonostante l’esplicita e pregnante raccomandazione di un intervento rapido, risalente già alla sentenza del 2019 ed ora ancor più ribadito, ad oggi, non risulta adottata alcuna iniziativa legislativa in tal senso e tutto il personale della Polizia di Stato, al pari del resto del pubblico impego, continua a percepire il TFS con i consueti ritardi (fino a tre anni) e dilazioni (due o tre rate annuali).

Alla luce delle sopra esposte raccomandazioni della Consulta e delle situazioni di fatto, si richiede una decisa iniziativa che, pur considerando l’esigenza di salvaguardare i saldi del bilancio statale, smetta di porre gli oneri per la tempestiva ed immediata prestazione previdenziale a carico degli stessi dipendenti percettori.

Il legislatore, come detto, non sembra aver ancora posto la dovuta attenzione sulla questione, e riteniamo che solo l’iniziativa legislativa proveniente dal Governo sia idonea a superare questa condizione di illegittimità che si trascina ormai da molti anni, e sulla quale i primi moniti della Corte Costituzionale, risalenti al 2019, sono rimasti totalmente inascoltati. 


LETTERA MINISTRI PER TFS

sabato 7 ottobre 2023

Andiamo avanti!

 A PROPOSITO DI RICORSO...

Sapevamo sin dall’inizio che il percorso sarebbe stato lungo e tortuoso ma andiamo avanti, con la presentazione del ricorso in Cassazione!

Per poter adire infatti la Corte di Giustizia Europea, è necessario percorrere tutti i gradi di giudizio nazionali, laddove vi  sia stata, di volta in volta, una sentenza a noi negativa, come purtroppo verificatosi nel nostro caso. Ma non demordiamo e d’intesa con il nostro Studio Legale, ci stiamo adoperando per far funzionare al meglio la nostra macchina organizzativa, costituita da pochi volontari, al fine di precorrere quanto più possibile i tempi per la definizione delle nostre istanze.

Come di consueto, vi terremo aggiornati perché un nostro eventuale successo spianerà la strada della giustizia a tutti i nostri ex colleghi P.T.!

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GALLONE & URSO

STUDIO LEGALE

 

Egregi ricorrenti, 

come anticipato, è stata pubblicata la nostra sentenza d’Appello che ha sostanzialmente confermato la sentenza di primo grado. Si tratta di una sentenza brevissima, il cui contenuto - tolta l’epigrafe e le conclusioni - si riduce ad appena due paginette. Il contenuto della sentenza è davvero insoddisfacente.

Il nostro atto di appello aveva contestato in maniera chiara e precisa le carenze argomentative contenute nella sentenza di primo grado, insistendo sul fatto che il Vostro caso deve essere valutato sotto il profilo della compatibilità al diritto UE, in quanto la Corte di Giustizia Europea accoglie una concezione molto più ampia del trasferimento d’azienda, estesa a QUALSIASI MODIFICAZIONE SOGGETTIVA DEL DATORE DI LAVORO, e non esclusivamente quando vi sia una cessione dell’azienda, a titolo oneroso, da un soggetto A ad un soggetto B, ma riconosce sempre il trasferimento d'azienda quando vi sia un cambio della titolarità dell’azienda, anche se ciò derivi da un atto autoritativo dell’Autorità, come nelle privatizzazioni. 

Sapevamo che difficilmente il Tribunale e la Corte d’Appello avrebbero contraddetto la decisione negativa della Corte Costituzionale, perciò sin dall’inizio il nostro obiettivo principale è stato quello di tornare innanzi alla Corte di Cassazione, insistendo per ottenere un rinvio alla Corte di Giustizia, anche perché per adire le Corti Europee bisogna aver prima esperito tutti gli strumenti giurisdizionali nazionali. Ebbene, adesso manca soltanto la Corte di Cassazione ed è fondamentale che il gruppo rimanga unito e si presenti coeso dinnanzi alla Suprema Corte impugnando questa decisione d’appello e insistendo per il rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia Europea.

Sin dall'inizio abbiamo detto che bisognava percorrere questa strada in ragione del fatto che la Corte di Giustizia, nel caso Collino e Chiappero c/ TELECOM spa ha deciso favorevolmente una questione identica alla vostra, dopo che -anche in quel caso- sia la Cassazione che i primi due giudici interni (tribunale e appello) avevano bocciato il loro ricorso. Collino e Chiappero c/ TELECOM è arrivata alla Corte di Giustizia e lì i lavoratori hanno ottenuto quella giustizia che nei giudizi nazionali non gli era stata riconosciuta. Considerate che è stata la medesima legge a privatizzare sia l'ente Poste e Telecomunicazioni, sia l'ente pubblico ASST, trasformato in IRITEL spa, dove erano stati trasferiti i sigg. Collino e Chiappero. Dunque, non si spiega il motivo della diversità di trattamento.

La Cassazione ha sempre affermato che nelle privatizzazioni, mancando un venditore ed un compratore, non poteva trattarsi di un trasferimento d'azienda, ma di unicità del rapporto lavorativo. Tuttavia, LA CORTE DI GIUSTIZIA EUROPEA HA SMENTITO CIO’, AFFERMANDO CHE VI È TRASFERIMENTO D'AZIENDA TUTTE LE VOLTE CHE C’E’ UN CAMBIAMENTO DELLA TITOLARITÀ DELL'AZIENDA, IN QUALSIASI MODO CIO’ AVVENGA, E, DUNQUE, ANCHE PER EFFETTO DI UN PROVVEDIMENTO DI LEGGE O DELL'AUTORITÀ, COME, APPUNTO, IN CASO DI PRIVATIZZAZIONE.  

Peraltro la Cassazione in molti casi ha correttamente applicato i principi sanciti dalla Corte di Giustizia, come, ad esempio, nelle seguenti decisioni:

-   Cass. 10/3/2009 n. 5708, Pres. Sciarelli Est. Curcuruto: “L’art. 2112 c.c., nel testo modificato dalla L. n. 428 del 1990, n. 47, che ha recepito la direttiva comunitaria 77/187/Cee (successivamente modificato dal D.Lgs. n. 18 del 2001, art. 1), in applicazione del canone dell’interpretazione adeguatrice della norma di diritto nazionale alla norma di diritto comunitario, e in considerazione dell’orientamento espresso dalla Corte di Giustizia delle Comunità Europee con le sentenze 25 gennaio 2001, C-172/99, 26 settembre 2000, C-175/99 e 14 settembre 2000, C-343/98, deve ritenersi applicabile anche nei casi in cui il trasferimento dell’azienda non derivi dall’esistenza di un contratto tra cedente e cessionario, ma sia riconducibile a un atto autoritativo della pubblica amministrazione, con conseguente diritto dei dipendenti dell’impresa cedente alla continuazione del rapporto di lavoro subordinato con l’impresa subentrante, purché si accerti l’esistenza di una cessione di elementi materiali significativi tra le due imprese”.

-   Cass. 9/1/2008 n. 199, Pres. La Terza: “Nel caso di mutamento della titolarità della concessione per atto autoritativo della Pubblica Amministrazione, è configurabile un trasferimento d’azienda ai sensi dell’art. 2112 c.c. qualora il complesso dei beni aziendali, nel passaggio di titolarità, resti immutato nella sua struttura organizzativa e nell’attitudine all’esercizio dell’impresa”.

-   Corte app. Roma 15/6/2006, Pres. Sorace Rel. Franchini: Anche nell’ipotesi di modifica della figura imprenditoriale da ditta individuale in Società in Nome Collettivo (operata attraverso cessione), sussiste il trasferimento d’azienda, poiché, qualunque sia la forma giuridica con cui si attui il mutamento, vi è mutamento del titolare anche laddove rimangano inalterati struttura e fini dell’azienda”.

Voi prima eravate dipendenti di un Ente pubblico economico appartenente al Ministero delle Comunicazioni e poi siete stati trasferiti alle dipendenze di una S.p.a. appartenente al Ministero del Tesoro e alla Cassa Depositi e Prestiti. Si tratta, chiaramente, di un cambio della titolarità dell’azienda, e dunque di un trasferimento d'azienda nell'accezione ampia accolta dalla Corte di Giustizia Europea. 

         È fondamentale continuare il percorso che abbiamo avviato alcuni anni fa, IMPUGNANDO QUESTA ERRATA SENTENZA DINNANZI ALLA CORTE DI CASSAZIONE. Essendo un giudice di ultima istanza dello stato membro, la Cassazione è obbligata a trasmettere gli atti alla C.G.U.E., in caso di dubbio o di non manifesta infondatezza della violazione della norma UE. Ove ciò  non avvenga può  configurarsi la responsabilità dello Stato per denegata giustizia.

Dopo una prima riunione telematica con i referenti del comitato abbiamo deciso di partire immediatamente con la raccolta delle nuove procure speciali per presentare il ricorso innanzi alla Corte di Cassazione. Abbiamo tempo, però dobbiamo comunque procedere molto rapidamente perché siamo in tanti e perché il ricorso in Cassazione richiede un lavoro lungo e molto complesso. Considerate che in Cassazione esistono tantissime formalità da rispettare che, se violate, possono portare ad una dichiarazione di inammissibilità del ricorso. Occorre dunque muoversi rapidamente e con la massima attenzione.

 

Per quanto concerne la quota di adesione al ricorso tenete presente che solitamente un ricorso in Cassazione costa all’incirca il triplo del primo grado e il doppio dell’appello. Il solo contributo unificato, per esempio, che in primo grado costa 259 euro e in appello 388,50 euro, in Cassazione costa 1036,00 euro. Lo stesso vale per le nostre tariffe professionali, che sono liberamente consultabili in internet; tuttavia, al fine di venire incontro alle esigenze e alle disponibilità economiche di tutti abbiamo deciso di mantenere la quota all’incirca identica a quella dei primi due gradi che era già estremamente favorevole. La quota di adesione, pertanto, è fissata in euro 100,00 a partecipante, comprensiva di tutto, anche del C.U., sino alla fine della causa. Inoltre, sempre per agevolarvi il più possibile abbiamo deciso, assieme ai referenti del comitato, che non dovrete sopportare nessuna ulteriore spesa neppure per qualsiasi rinvio e/o ricorso innanzi alle Corti Europee.  

Abbiamo mantenuto la quota oggettivamente bassa ed accessibile a tutti in modo da mantenere il gruppo unito e coeso in quest’ultimo step che ci eravamo prefissati - come necessario - sin dal principio. È importante che giunga l’adesione di tutti, anche per non arrivare in Cassazione mostrando segni di debolezza, come se alcuni avessero implicitamente “accettato” questa sentenza che ancora una volta non tutela minimamente i vostri diritti evidentemente calpestati dallo Stato italiano. Per questo è ora fondamentale rimanere uniti! 

Per  quanto  riguarda  le tempistiche, non possiamo garantirvi nulla.  In media il giudizio in Cassazione dovrebbe concludersi in circa due anni, però, inutile dirlo, i tempi della giustizia civile sono molto volubili. Il covid, per esempio, ha rallentato tantissimo il nostro appello. Adesso, però, con i fondi del PNRR il Ministero della Giustizia si è impegnato a velocizzare tantissimo i processi ponendosi in linea con le durate medie europee. Confidiamo in questo.

IMPORTANTE

A noi interessa unicamente che sia accertata la violazione della Direttiva UE che salvaguarda i diritti dei lavoratori in caso di trasferimento d’azienda. La violazione è stata commessa solo dallo Stato italiano e non da Poste Italiane, che ne ha solo beneficiato. Il ricorso in Cassazione, pertanto, sarà proposto unicamente nei confronti della Presidenza del Consiglio dei Ministri, che rappresenta lo Stato italiano, e non anche nei confronti di Poste italiane. Ciò vi pone al riparo da qualsiasi problematica potreste incontrare, compreso il discorso degli accordi per il prepensionamento.       

Per qualsiasi richiesta di chiarimento, il comitato si è reso disponibile a raccogliere eventuali quesiti da sottoporci e, eventualmente, ad organizzare incontri telematici. 

Attendiamo un riscontro e, nel frattempo, Vi porgiamo un caro saluto.

 Studio Legale 
Gallone & Urso 

  

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