Molti ci domandano cosa succederà adesso. Detto che è facile fare domande, ma le risposte credibili e tempestive hanno bisogno della capacità e delle competenze che non abbiamo, ci affidiamo alla lettura di ciò che scrivono persone più competenti di noi.
Dopo aver pubblicato il dispositivo della sentenza n. 130/2023 della Corte Costituzionale, ci pare che questo articolo sia sufficientemente breve, indicativo ed alla portata dell'impazienza di chi vuol sapere.
Incostituzionale differire il trattamento di fine servizio
Con la sentenza n. 130/2023 la Corte costituzionale ha dichiarato l’incostituzionalità del differimento della corresponsione dei trattamenti di fine servizio (T.F.S., in precedenza chiamato “buonuscita”), componente integrante della retribuzione, spettanti ai dipendenti pubblici cessati dall’impiego per raggiunti limiti di età o di servizio.
Tale differimento, osserva la Consulta, si pone in contrasto con il principio della giusta retribuzione. Il principio della giusta retribuzione, infatti, “si sostanzia non solamente nella congruità dell’ammontare corrisposto, ma anche nella tempestività della erogazione” (sentenza n. 159 del 2019).
La Corte riconosce di non potere “allo stato, porre rimedio, posto che il quomodo delle soluzioni attinge alla discrezionalità del legislatore”, aggiungendo poi che il legislatore dovrebbe formulare “una soluzione che, in ossequio ai richiamati principi di adeguatezza della retribuzione, di ragionevolezza e proporzionalità, si sviluppi muovendo dai trattamenti meno elevati per estendersi via via agli altri”. Infatti, la disciplina attualmente in vigore, calibrata su una progressione graduale delle dilazioni, via via più ampie in proporzione all’incremento dell’ammontare della prestazione, finisce per “aggravare il vulnus sopra evidenziato”.
Con il comunicato stampa relativo alla menzionata decisione del 23 giugno 2023, eloquentemente intitolato “Il differimento del T.F.S. è incompatibile con la Costituzione: Pressante invito al legislatore a rimuoverlo gradualmente”, il Giudice delle leggi ha affermato che spetta al legislatore individuare “i mezzi e le modalità di attuazione di un intervento riformatore che tenga conto anche degli impegni assunti nell’ambito della precedente programmazione economico-finanziaria”.
La Corte tuttavia precisa che “la discrezionalità del legislatore al riguardo non è temporalmente illimitata. E non sarebbe tollerabile l’eccessivo protrarsi dell’inerzia legislativa, tenuto anche conto che la Corte aveva già rivolto al legislatore, con la sentenza n.159 del 2019, un monito con il quale si segnalava la problematicità della normativa in esame”. Per l’appunto non si tratta del primo monito rivolto al legislatore in merito al differimento della corresponsione dei T.F.S.
E quindi...
RispondiElimina...quindi...
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