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venerdì 25 gennaio 2019

L'operazione TFS

Il viceministro Garavaglia: «​Tfr statali, 5 miliardi di spinta al Pil»
Mercoledì 23 Gennaio 2019 di Andrea Bassi
Risultati immagini per il messaggero

Vice ministro all’economia Massimo Garavaglia, il “decretone” è stato da quasi una settimana.
Quando andrà in Gazzetta Ufficiale?
«Si stanno limando gli ultimi dettagli, tra domani e dopodomani dovrebbe essere pubblicato». 

Si dice ci siano problemi con la Ragioneria, i conti non tornano?
«No, è solo che si tratta di un decreto che a regime vale 16 miliardi l’anno. La stesura deve essere perfetta, non ci devono essere sbavature».

Prima la Banca d’Italia, poi il Fondo monetario, entrambi hanno registrato un rallentamento dell’economia. Le misure del decreto non hanno grande impatto espansivo.
«Chi l’ha detto?»

La relazione allegata al testo dal ministero del lavoro sostiene che per ogni euro speso per il Reddito di cittadinanza, il contributo al Pil non sarà superiore a 30 centesimi...
«Sono valutazioni prudenziali». 

Dunque considera le misure del decreto espansive?
«Nel caso del Reddito possiamo dire che la propensione al consumo delle fasce più povere della popolazione è molto alta, prossima al 100 per cento. È evidente che chi prende un sussidio non fa investimenti di carattere finanziario ma spende tutto quello che riceve». 

Secondo lei Quota 100 avrà impatti sull’economia?
«Certo, li avrà sotto diversi aspetti. Innanzitutto per l’effetto sostituzione della forza lavoro. Nel pubblico, con lo sblocco totale del turn over, ci sarà un neo assunto per ogni lavoratore andato in pensione. Anzi, a regime sarà anche di più, perché abbiamo stanziato 200 milioni per le assunzioni straordinarie. E questa volta, a differenza del passato, avendo sbloccato il turn over saranno davvero aggiuntive e non andranno semplicemente a sostituire posizioni lasciate scoperte dai blocchi delle assunzioni. Nel privato decideranno liberamente gli imprenditori quali lavoratori sostituire. Ma sappiamo che ci sono realtà nelle quali ci sarà un importante ricambio generazionale. Nella peggiore delle ipotesi, se non ci sarà ricambio generazionale, migliorerà il bilancio dell’azienda e quindi l’effetto sarà positivo. Poi c’è l’operazione Tfs degli statali che non è stata considerata».

In che senso?
«Nel 2019 anticiperemo 5 miliardi di liquidazioni che i dipendenti pubblici avrebbero intascato con un ritardo tra due e cinque anni. Sono soldi che finiranno nell’economia del Paese, sono cinque miliardi di potenziali investimenti aggiuntivi. Sappiamo che il Tfs viene speso abbastanza velocemente».

L’anticipo non vale solo per chi usa Quota 100?
«Abbiamo voluto che fosse per tutti, per risolvere un problema generato dalle riforme avviate da Monti e da Letta, tra le altre cose pende un giudizio della Corte Costituzionale con il rilevantissimo rischio per lo Stato di soccombere». 

Da quando sarà possibile chiedere l’anticipo?
«Da subito, non appena avremo finalizzato l’accordo con l’Abi». 

La cifra dell’anticipo è confermata a 30 mila euro massimi?
«La alzeremo».

Di quanto?
«Vedremo nel passaggio parlamentare». 

Qualcuno dice 40 mila.
«Mi auguro di più, ma vedremo». 

Come funziona il meccanismo degli interessi?
«Si pagheranno alla fine. Il saldo della liquidazione sarà incassato decurtato degli interessi. Poi è prevista una compensazione fiscale».

Una compensazione?
«Sì, siccome il pubblico è penalizzato rispetto al privato dal ritardato pagamento della liquidazione, ci sarà uno sgravio Irpef sulla buonuscita proporzionale agli anni di ritardo del pagamento di un punto e mezzo l’anno».

Senta, ma se poi le cose dovessero andare come dicono Bankitalia e Fmi, sarete costretti a una manovra-bis.
«Parlarne è prematuro. Siamo a gennaio, le previsioni sono fatte senza tener conto della legge di bilancio. Abbiamo qualche mese per vedere che cosa succede».

domenica 20 gennaio 2019

Incontro coi Parlamentari il 17 gennaio 2019

Il 17/01/2019 una delegazione del nostro Comitato (dimezzata anche a causa degli scioperi dei mezzi pubblici a Roma) ha partecipato agli incontri con alcuni Parlamentari, di cui diamo brevemente conto.
Immagine correlataIn mattinata abbiamo potuto avere un colloquio col Dott. Giusti, collaboratore dell’on. Chiara Gribaudo - PD - componente della Commissione Lavoro della Camera che ha accolto la nostra richiesta inviata solo il giorno prima. Gli abbiamo esposto la situazione che è stata ascoltata con attenzione e siamo rimasi d’accordo che avremmo mandato l’ulteriore documentazione richiestaci. Ci sentiremo presto.

Sempre in mattinata abbiamo consegnato un breve documento anche ad una giornalista di Agorà che ha solo promesso di girarlo alla redazione. Speriamo che, anche a seguito del dibattito sull’ipotesi di differimento nel pagamento dei TFS di almeno 5 anni, abbia miglior esito dei numerosi tentativi di contatto precedenti.
  
Nel pomeriggio abbiamo incontrato l’on. Renata Polverini, autorevole componente di FI nell’XI Commissione lavoro della Camera alla quale abbiamo esposto il nostro problema. Nelle sue domande incalzanti e le risposte realistiche, abbiamo visto un atteggiamento man mano meno formale e più addentro al tema della Buonuscita dei postali. Ha quindi fatto qualche ipotesi di un suo intervento, intervento che meglio calibrerà anche sulla scorta di ulteriori documenti che ha chiesto di poter avere.
 
Successivamente Giuseppe e Agatino si sono recati al Senato dove si è svolto l’incontro con la Presidente dell’XI Commissione lavoro, Sen. Nunzia Catalfo del M5Stelle assistita da due suoi collaboratori.
Il clima è stato buono e le parole schiette da entrambe le parti hanno permesso un confronto costruttivo e l’affacciarsi di alcune ipotesi realistiche da considerare. Dalle indicazioni ricevute e dagli impegni ad un ulteriore approfondimento (dopo aver visionato la documentazione che ci siamo impegnati a mandare) abbiamo colto una volontà positiva.

Continueremo a cercare nuovi contatti senza trascurare di mettere a verifica le parole coi fatti, come abbiamo sempre fatto.

giovedì 17 gennaio 2019

Uno scandalo tutto italiano

Tutte le notizia che riguardanti l’ipotesi del Governo di posticipare di 5 anni il pagamento della buonuscita (TFS) manca del tassello, storicamente irrisolto, riguardante 219.601 dipendenti postali in forza al 28/02/1998 (giorno della "privatizzazione") ai quali la Buonuscita è stata "congelata" e tale rimane fino alla cessazione del rapporto di lavoro con Poste Spa.
Da quella data, infatti, per loro ha cominciato a maturare il TFR, mentre la Buonuscita precedente viene calcolato non sull’ultima busta paga percepita al momento della cessazione del rapporto, bensì sull’ultima busta paga percepita nel lontano 28 febbraio 1998!
Nonostante la continuità nel rapporto di lavoro quell'importo non è stato "travasato" nel nuovo TFR, com'è avvenuto - ad esempio - per i ferrovieri.
Ciò significa che, per esempio, se al 28/2/1998 un lavoratore avesse maturato il corrispettivo in lire di € 10.000, anche oggi percepirebbe (anche coi 2 anni di ritardo) gli stessi € 10.000 con l'innegabile danno sul potere d'acquisto.
Nel corso degli anni si sono succedute diverse interrogazioni e pure votate due risoluzioni parlamentari per porre fine a questo problema poiché a nessun altro lavoratore italiano, pubblico o privato, è mai stata negata la rivalutazione di una parte dell’indennità terminativa del rapporto (cd. TFR o TFS), tranne ai lavoratori postali.
In questa legislatura sono ci sono già tre interrogazioni parlamentari: dell’On. Walter Rizzetto (FdI), del Sen. Francesco Laforgia (LeU) e della Sen. Annamaria Parente con altri 13 Senatori del PD, alle quali il Governo non ha risposto.
Inoltre 270 tra dipendenti ed ex dipendenti aderenti al nostro Comitato stanno ricorrendo alla Corte di Giustizia Europea e una Petizione è stata inoltrata alla Commissione Europea.
Come Comitato Buonuscita PT abbiamo incontrato anche il Capo della Segreteria di Durigon il 13/9/2018, ma da allora non ci sono più state risposte dal Sottosegretario.

Comitato Buonuscita PT
14/01/2019
Giornale di Brescia 15/01/2019

mercoledì 16 gennaio 2019

A tutti gli ex dipendenti di Poste

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Previdenza e pensioni

ESODI INCENTIVATI. RICALCOLO DELL'ALIQUOTA DA PARTE AGENZIA DELLE ENTRATE.

16 GENNAIO 2019
Al momento della collocazione in esodo dei lavoratori, Poste Italiane calcola sugli importi erogati una tassazione separata del 23%.
L’Agenzia delle Entrate, entro 4 anni dalla chiusura del rapporto di lavoro, opera un controllo sull’imposta trattenuta alla fonte e versata dal datore di lavoro sulle competenze di fine rapporto, determinando la corretta aliquota da applicare e richiedendo (o restituendo) l’eventuale differenza a conguaglio.
L’importo erogato a titolo di incentivo all’esodo, al pari del TFR e della Buonuscita, è un’indennità che ha carattere di formazione pluriennale, commisurato cioè all’intera durata del rapporto di lavoro ed assoggettato alle stesse regole di tassazione del TFR.
Deve quindi essere determinata, come per il TFR, la quota ante e post 01/01/2001, in quanto tali periodi hanno differenti metodi di calcolo dell’imposta dovuta.
L’Agenzia nel fare la “spalmatura” dell’importo erogato a titolo d’incentivo, suddividendolo pro quota come sopra descritto, prende in considerazione solo il TFR, che com’è noto viene accantonato soltanto dal 01/03/1998 data di trasformazione di Poste Italiane in S.p.A., tralasciando il periodo dall’assunzione al 28/02/1998, per il quale ai dipendenti di Poste spetta la Buonuscita.
Negli atti dell’Agenzia risulta quindi, per tutti i dipendenti di Poste Italiane, come data di assunzione il 1° marzo 1998 anziché quella reale. Questo determina che l’incentivo “spalmato” nel periodo ante 01/01/2001 (al quale si applica la tassazione più bassa) sia una parte minima (circa il 10/15% del totale), mentre tutto il resto va a sommarsi all’importo del TFR dal 01/01/2001 in poi che è assoggettato alla tassazione in vigore per quel periodo.
Tale anomalia provoca, con chiara evidenza, un ricalcolo errato e talvolta molto oneroso, avverso il quale gli interessati possono fare opposizione richiedendo il riesame mediante la presentazione del modulo di richiesta di autotutela.
Tale diritto può essere esercitato anche sugli importi già pagati a meno che non siano trascorsi più di 48 mesi dalla ricezione della cartella da parte dell’Agenzia delle Entrate.
Cordiali saluti
IL SEGRETARIO GENERALE SLP-CISL LUCA BURGALASSI
IL RESP.LE NAZ.LE PENSIONATI SLP-CISL ALBERTO FERRARI 
In allegato:
a) Modulo di RICHIESTA DI ESERCIZIO DI AUTOTUTELA
b) Esempio di compilazione della richiesta di esercizio di autotutela
c) Nota esplicativa della richiesta di esercizio di autotutela (da allegare)
d) Esempio di ricalcolo di un dipendente assunto il 14/05/1981 e cessato il 31/12/2014
e) Cartella dell’Agenzia delle Entrate inviata allo stesso dipendente con ricalcolo (errato) degli importi dovuti
f) Istanza di rimborso Irpef tassazione separata (per coloro che hanno già pagato)

domenica 13 gennaio 2019

A proposito di Buonuscite

Segnaliamo questo articolo che riguarda le buonuscite dei pubblici dipendenti, di cui si discute a causa delle nuove "attenzioni" da parte del governo.

Buonuscita statali, parola alla Consulta: mina da 15 miliardi

Sabato 12 Gennaio 2019
di Andrea Bassi
La buonuscita dei dipendenti pubblici rischia di diventare una mina sui conti pubblici. La norma che posticipa fino a 24 mesi il pagamento della liquidazione agli statali, è da tempo sotto esame della Corte Costituzionale dopo un ricorso presentato dal sindacato Unsa. E la decisione potrebbe arrivare in tempi brevi, sicuramente entro l'anno. Se la Consulta dovesse dichiarare illegittimo il pagamento posticipato delle liquidazioni, si aprirebbe immediatamente nei conti pubblici del 2019 un buco di 2,3 miliardi di euro. Ma una pronuncia in tal senso renderebbe poco sostenibile anche lo slittamento fino a 5 anni del versamento della buonuscita per i dipendenti che useranno lo scivolo di Quota 100, il pensionamento con 62 anni di età e 38 di contributi. In questo caso le cifre diventerebbero decisamente più rilevanti.
(...)
L'ONERE
Secondo le stime del governo ci sono 126 mila statali che anticiperanno quest'anno l'uscita utilizzando il nuovo scivolo. Liquidare il loro Tfs tutto nel 2019 costerebbe 9,5 miliardi di euro al lordo delle ritenute Irpef. Insomma, in totale, se tutte le buonuscite fossero pagate quest'anno, lo Stato dovrebbe caricarsi un onere di quasi 20 miliardi di euro. Difficilmente sostenibile.
Nei giorni scorsi sono arrivati alla Consulta gli atti di costituzione dell'Inps e dell'Avvocatura generale dello Stato, a nome della Presidenza del Consiglio, nei quali si anticipano le linee di difesa del governo e dell'Istituto di previdenza per evitare che la Corte dichiari incostituzionale il decreto 78 del 2010 che ha introdotto il congelamento fino a due anni delle buonuscite. Sia l'Inps che la Presidenza, sottolineano chiaramente un concetto: il differimento nel tempo del pagamento della liquidazione degli statali è stato un sacrificio necessario per garantire l'equilibrio finanziario dello Stato. E inoltre, sostengono, le buonuscite non sono state tagliate, ma solo posticipate nel tempo. Nemmeno ci sarebbe disparità di trattamento con i dipendenti privati, che invece ricevono subito il loro Tfr al momento del pensionamento, perché la liquidazione degli statali avrebbe un meccanismo di calcolo più favorevole.

IL GIUDIZIO
«Il rinvio del pagamento delle buonuscite», dice Massimo Battaglia, segretario generale Unsa, «è ormai diventato una misura strutturale, non ha più nessun legame con la crisi economica contingente. E poi», aggiunge, «non è vero che i dipendenti pubblici non ci perdono niente, ci perdono sicuramente la rivalutazione del capitale che non viene riconosciuta. Un problema», conclude, «destinato ad aggravarsi con lo slittamento di cinque anni previsto per chi utilizzerà lo scivolo di Quota 100».
Il governo, nel frattempo, sta studiando un modo per permettere che gli statali possano ottenere con un anticipo dalle banche i soldi della liquidazione. Se la somma riconosciuta fosse intera e gli interessi fossero completamente a carico dello Stato, il prestito potrebbe far venire meno anche il contendere davanti alla Corte, realizzando nella sostanza, lo stesso obiettivo della cancellazione della legge. Ma non sembra, almeno per ora, che la soluzione possa essere questa. L'accordo con le banche potrebbe comportare solo un rimborso parziale degli interessi a carico dei pensionandi pubblici, o l'anticipo solo di una percentuale della liquidazione. E allora la spada di Damocle dei giudici resterebbe sulla testa del provvedimento.
(Fonte)
 

mercoledì 2 gennaio 2019

Calendario

L'anno comincia con gli auguri di rito. 
Veniamo da un 2018 passato a tessere rapporti.
Come tutti gli altri, anche gli emendamenti dell'On. Fassina e della Sen. Parente sulla Buonuscita non sono stati neppure discussi, così come le tre interrogazioni dell'On. Rizzetto, Sen. Laforgia, Sen Parente sono ancora senza risposta. Lasciamo a ciascuno le proprie considerazioni. 
Chiediamo anche a ciascuno di voi la volontà che chiediamo ai nostri interlocutori istituzionali e sociali perché nessuno si muoverà di propria spontanea volontà per trovare una soluzione a questa ingiustizia che continua da 21 anni e che nessun altro dipendente pubblico o privato ha subito.

 Noi ci impegneremo perché sia un BUON ANNO e voi?