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giovedì 31 marzo 2016

Le nostre notizie riprese sul web

Nel web parlano di noi...


SLC CGIL ABRUZZO – SINDACATO LAVORATORI COMUNICAZIONERivalutazione buonuscita postali ferma dal 1998, capitale dimezzato!
________________________________________

Ringraziamo per le segnalazioni. Continuate a farlo!
Sono segnali di attenzione che auspichiamo possano ampliarsi:
- ad altri territori
- ad altre organizzazioni sindacali
- ai vertici delle rappresentanze sindacali nazionali

martedì 29 marzo 2016

Scrivere ai giornalisti: un nostro piccolo impegno


Scrivere ai giornalisti: un nostro piccolo impegno
Pasqua è trascorsa.
Nonostante i gravissimi fatti di terrorismo, alcune redazioni di giornali e TV hanno manifestato interesse a capire di cosa si tratta.
Altre hanno mandato mandato dei messaggi automatici di "ricevuta".
Da: gabibbo@mediaset.it
grazie per il messaggio che ci hai cortesemente inviato. 
Tutte le lettere indirizzate a Striscia vengono lette con attenzione, ma il 
loro enorme numero non ci consente di rispondere a ciascuno personalmente. 
Se ci sarà possibile, ci metteremo in contatto con te. In ogni caso ti 
ringraziamo per esserti rivolto a noi. 
La Redazione di Striscia.

Continuiamo a scrivere, a partire dai nostri giornali territoriali per arrivare a quelle nazionali di carta stampata e TV.

mercoledì 23 marzo 2016

Continuiamo a scrivere!

Scriviamo insiemeScriviamo tutti!
Riceviamo e volentieri pubblichiamo il contenuto della e-mail di Michele che, dalla Sardegna, ci sprona ad avere parte attiva nel comitato.

Ciao a tutti, 
personalmente ho scritto a tutti gli indirizzi riportati dall'e-mail che ho ricevuto e spero lo abbiano fatto in tanti ieri ho ricevuto una chiamata dal l'Arena di Verona. Mi chiedevano dati sul Veneto. Ho passato la chiamata a potesse rispondere e penso vogliano pubblicare qualcosa domani.
Battiamo forte adesso senza lasciare che si raffreddi come succede spesso. Io, nel mio piccolo, tutti i giorni sto facendo proselitismo cercando di convincere quanti più colleghi è possibile.
In bocca al lupo a tutti.
Dobbiamo farcela!

Cliccate qui  per copiare il fac simile della lettera da spedire.

domenica 20 marzo 2016

Al Presidente della Commissione Lavoro

Facciamoci sentire!
Coinvolgiamo anche chi non sta in rete.

Stampiamo e facciamo leggere questo documento - petizione ai dipendenti ed agli ex dipendenti postali che conosciamo e chiediamo loro di fare altrettanto.



                                                                 Al Presidente della Commissione Lavoro
                                                                 della Camera dei Deputati
                                                                 On. Cesare Damiano


L'interpretazione letterale dell'art. 53, comma 6, lett. a) della legge Finanziaria n. 449 del 1997 ha portato al blocco al 28/02/1998 (senza alcuna forma di rivalutazione) dell’importo della Buonuscita dovuta ai dipendenti di POSTE ITALIANE.

Chiediamo sia dato seguito agli impegni assunti con le risoluzioni:
-          7/00707 (poi 8/00153) del 24-01-2006 (14^ legislatura – Commissioni Lavoro e Trasporti della Camera).
-          7/00635 del 6/11/2012 (16^ legislatura – Commissione Lavoro della Camera)
In particolare, nella scorsa legislatura, a seguito dell’interrogazione dell’On. Lucia Codurelli e altri, si arrivò, il 31/5/2012, ad un’audizione delle 6 sigle sindacali di Poste (Slp, Slc, Uilposte, Ugl, Failp, Sailp) e, il 6/11/2012, all'impegno del Governo assunto dal Vice Ministro Martone approvando la risoluzione n. 7-00635 (Onorevoli Codurelli, Damiano, Comaroli, Boccuzzi, Rampi, Berretta, Schirru e Madia – l’attuale ministro) relativa al trattamento di quiescenza spettante al personale dipendente di POSTE ITALIANE.
La suddetta risoluzione aveva accolto le valutazioni tecniche del Governo ed il Governo stesso si era impegnato ad assumere, entro il 31 gennaio 2013, ogni utile iniziativa che consentisse di conoscere la consistenza del patrimonio immobiliare di cui il suddetto fondo è dotato e la relativa destinazione d’uso ed inoltre, ad adottare misure che consentano a questi ultimi di usufruire di un costante aggiornamento del valore dell’indennità di buonuscita, nonché per consentire il diritto alla corresponsione della buonuscita di detti lavoratori, pur in costanza di rapporto di lavoro.

Si ricorda che, tra i dipendenti transitati dal “pubblico” al “privato” solo i dipendenti postali hanno subito questo trattamento. Non è stato così, ad esempio, per i lavoratori di Ferrovie dello Stato.
Si rappresenta inoltre che l’attuale interpretazione introduce nell'ordinamento una nuova figura del trattamento di fine rapporto .
Infatti, in questa situazione, i lavoratori di poste italiane subiscono un trattamento di quiescenza penalizzante se confrontato, a parità di condizioni di anzianità e di retribuzione, sia ad un trattamento in integrale regime di TFR (dipendenti privati) quanto di Buonuscita (dipendenti pubblici).
Il sistema attuale, inoltre, crea differenze inaccettabili tra gli stessi lavoratori di poste italiane in quanto tanto più i lavoratori verranno collocati a riposo in un periodo più lontano dal 1998 tanto più la loro indennità di buonuscita sarà esposta alla erosione del tasso di inflazione.
In considerazione di tali valutazioni si chiede di considerare la possibilità di riaprire la discussione per trovare una soluzione accettabile e condivisa di questo problema.
Si allega lettera 18 anni e 18 giorni

Roma 28 marzo 2016                                                            Cordiali saluti

                                                                                              Seguono firme

venerdì 18 marzo 2016

Cari giornalisti

Fac simile, della lettera che gli aderenti al comitato stanno mandando come allegato alla e-mail che spedirà alla redazione, al direttore o al giornalista dei giornali e TV nazionali e locali con preghiera di diffusione o di essere contattati eventuali chiarimenti.
Ciascuno la personalizza con espressioni proprie, come quelle emerse in questi giorni:
Per me la vicenda è semplice : trattenere i miei soldi dal 2008 al 2030 senza una rivalutazione significa che me li stanno sottraendo. Significa che i diritti dei lavoratori di poste valgono di meno.
* nostri diritti li voltano..... e rivoltano fino a farli diventare carta straccia !!! Ne è esempio lampante la vicenda degli esodati... quelli veri ....... Certo che la correttezza e il rispetto delle regole per i lavoratori.... non sta scritto nell'etica morale dei nostri politici.... (pochissimi esclusi) !!!
è un nostro sacrosanto DIRITTO, CI SPETTA SIA LA RIVALUTAZIONE CHE GLI INTERESSI LEGALI. nessuno che io sappia da soldi in prestito senza interessi
* A mio avviso è ingiusto anche se consentito che la mia buonuscita non produca interessi e che mi sará liquidata dopo due anni dalla pensione.
*Mi piacerebbe sapere i nomi dei beneficiari e perchè viene limitata la libertá di disporre dei miei soldi. Questa è mafia consentita da chi dovrebbe tutelarci da soprusi, sono quasi confuso non so se difendermi dalla delinquenza di strada o dalla delinquenza in poltrona.
*perché gli esimii giudici della Corte Costituzionale giudicano incostituzionale il mancato adeguamento delle pensioni o il blocco dei contratti dei dipendenti pubblici mentre e' legittimo solo ila mancata rivalutazione della nostra Buonuscita? 
* A Roma si chiama "prestito a babbo morto”! Nel 1998 ho prestato 11.000 euro allo stato italiano... me li restituirà sempre 11.000 nel 2031 sempre se campo!



Spett.le Redazione di Xxxxx xx Xxxxxxxxx,
invio in allegato una sintesi riguardante la profonda ed inspiegabile ingiustizia, che da più di 18 anni, vede purtroppo destinatari i dipendenti di Poste Italiane.
Un articolo sul vostro quotidiano, oltre che informare l'opinione pubblica, darebbe anche una grandissima mano all'emersione di questa storia vergognosa.
Qualora ciò non fosse possibile, chiedo comunque che possa essere pubblicata nelle lettere al direttore.
Un sentito ringraziamento ed un cordiale saluto

Xxxxxxx Xx Xxxxxxxxx
cell. ______________


______________________________________________________________
18 anni e 18 giorni
La buonuscita dei dipendenti postali è bloccata - senza rivalutazione - dal 28 febbraio 1998.
Nasce un comitato che ne chiede la rivalutazione


Gentile redazione de Xx Xxxxxxxx xx Xxxxxxx

A nome del comitato Buonuscita PT, al quale aderisco, voglio mettervi a conoscenza di una ingiustizia che da oltre 18 anni stanno subendo i dipendenti postali.

In breve la storia è questa:

·    Si chiama Buonuscita la cosiddetta “liquidazione” (trattamento di quiescenza) dei dipendenti pubblici, TFR per i privati. I dipendenti postali coinvolti sono circa 180.000.

·    Fino al 28-02-1998 Poste rimane pubblica (prima statale e successivamente Ente Pubblico Economico) e poi diventa una SPA (regime privatistico). Lo decide la legge finanziaria per il 1998 - Art 53 della Legge 27 dicembre 1997, n. 449.

·    L’ordinamento contrattuale si adegua. I dipendenti transitano da un regime all’altro senza che ci sia una cessazione del rapporto di lavoro: sono oggetto e non soggetto delle decisioni.

·    Per effetto di questa continuità, la Buonuscita non viene liquidata al lavoratore, ma neppure viene inglobata nel nuovo TFR in maturazione dal 1 marzo 1998.

·    Resta “cristallizzata” fino alla soluzione del rapporto di lavoro con Poste SPA e il lavoratore potrà percepirla solo dopo 2 anni. - DL 13 agosto 2011, n. 138 - Governo Berlusconi.

·    Il tutto SENZA INTERESSI, SENZA ALCUNA FORMA DI RIVALUTAZIONE monetaria.

·    Tra chi è transitato dal “pubblico” al “privato”, questo “trattamento di favore” è stato riservato solo ai dipendenti di Poste. Non è stato così, ad esempio, per i ferrovieri.

·    Penso sia sufficientemente chiaro a chiunque che un importo corrispondente, poniamo, a 10.000 €uro del 1998 NON HA LO STESSO POTERE D’ACQUISTO DOPO 18 ANNI.

·    Lo capiscono tutti, tranne il legislatore, la Cassazione e la Corte Costituzionale che ritengono corretto questo trattamento discriminante.

·    Vi verrà da pensare che siamo dei mitomani, che non la stiamo raccontando giusta, ma è tutto vero, semplicemente ed incomprensibilmente vero.

·    Lo testimoniano le numerose interrogazioni parlamentari presentate in questi anni da parlamentari di maggioranza e di opposizione, reiterate ad ogni cambio di Ministro e puntualmente decadute ad ogni fine di legislatura.

·    Il 24-1-2006 (XIV legislatura) e il 6-11-2012 (XVI legislatura) sono state approvate risoluzioni in Commissione Lavoro che impegnavano il Governo a risolvere questa questione, oggetto di numerosi contenziosi giudiziari, ma la fine della legislatura…

·    Nell’attuale XVII legislatura sono state presentate altre interrogazioni.

·    A quella dell’on Berretta (PD) il Governo, Comprendendo la ratio dell’interrogazione, molto superficialmente dice che non ci sono i soldi. "Si osserva al riguardo che, pur volendo tenere nella più adeguata considerazione tali istanze, il loro pieno accoglimento comporterebbe, unitamente alla modifica dell'attuale disciplina in materia di buonuscita, l'allocazione di ingenti risorse finanziarie, la cui possibilità di reperimento deve essere valutata alla luce dell'attuale quadro congiunturale”. Affermazione non sostenuta da alcuna quantificazione. Cioè: “servono soldi che non abbiamo”.

·    Ma quei soldi sono nostri! Più è grossa la cifra, più è grande il danno che stiamo subendo. Ma poi… neanche un accenno al tentativo di proporre una soluzione “intermedia”.

·    Forse la norma sarà legittima e costituzionale, ma non è GIUSTA. La decisione di cambiare la forma del rapporto di lavoro non è stata nostra. Se fossi stato solo dipendente pubblico o solo dipendente privato avrei ricevuto un certo importo i liquidazione: perché la somma dei due tronconi non si avvicina neanche lontanamente?

Per questi motivi, personalmente e a nome del Comitato Buonuscita PT, chiedo il vostro aiuto nel far conoscere questa incredibile situazione. Segnalo che potrete leggere tutta la documentazione essenziale che è pubblicata sul blog Buonuscita dei postali.

Ringrazio anticipatamente per quanto potrete fare e, ovviamente, sono a disposizione per eventuali altre integrazioni e chiarimenti dovessero servire.

17/03/2016                                                                                                                 Nome e cognome




Nome e cognome _____________________________
Cellulare _____________
Indirizzo ____________________________________________________________________
e-mail ____________________________

mercoledì 16 marzo 2016

Perdita di valore della Buonuscita

Quanto pesa la mancata rivalutazione della Buonuscita?
Per capire di cosa si tratta, di quali entità stiamo parlando, forniamo queste due tabelle.

- Nella prima riportiamo i tassi di inflazione dal 1998 al 2015 compreso.


- Nella seconda - a puro titolo esemplificativo - abbiamo provato a calcolare  quanto varrebbero oggi la rivalutazione per inflazione e gli interessi legali su una cifra corrispondente a €. 10.000 determinatasi il 28-2-1998.

martedì 15 marzo 2016

Aderisci al comitato!

Aderisci al comitato
Perché aderire al comitato?
Su Facebok c'è una sempre più crescente presenza. Significa che molti di noi sono interessati a leggere le notizie sulla Buonuscita e a loro modo aderiscono a questa battaglia per far emergere l'argomento. 
Questo è bene. 
Ma a noi interessa AVERE PERSONE FORTEMENTE MOTIVATE, disposte ad aderire e far crescere il comitato che sta prendendo forma: insieme dovremo provare a percorrere qualche strada. Anche fisicamente.

Ribadiamo:
- Non chiediamo soldi.
(a beneficio dei dietrologisti) Non siamo emanazione di... ma un gruppo di scopo.
- Non siamo il Messia e quindi non facciamo miracoli, né vogliamo alimentare illusioni.
Vogliamo provare a cambiare le cose. INSIEME. Con chi ci sta.

Ci muove la certezza di aver ragione.
Tra di noi ci sono anche alcuni esodati, che, oltre a quella condizione subiscono anche questo trattamento "privilegiato". 
Le nostre giuste ragioni devono essere fatte valere ponderando bene tutti gli elementi per poi decidere come agire.

Si aderisce al comitato scrivendo a: buonuscitapt@gmail.com comunicando i seguenti dati:
Nome - Cognome - indirizzo completo - Provincia - 
telefono - cell - e.mail – PERSONALI (non professionali)
Data di assunzione

Sei Attualmente dipendente? 
(oppure) Sei stato dipendente fino al...

Chi ci si mette, poi deve anche remare. Starci da passeggeri si sta come la zavorra.

venerdì 11 marzo 2016

Guardando alle sentenze europee...

È materia per giuristi, ma da questa sentenza si potrebbero trarre indicazioni concrete.

Confermato il principio della salvaguardia quando l’ente pubblico diventa privato
Tutelati i lavoratori anche se cambia l’azienda
Pinerolo, Telecom privatizzata deve rispettare i diritti pecuniari
Corte di Giustizia europea 14.9.2000

La sentenza della Corte di Giustizia del 14 Settembre 2000 ha sancito la salvaguardia dei diritti economici dei lavoratori anche se l’ente pubblico presso il quale hanno lavorato si è trasformato in un soggetto privato. Il giudicato, emesso a seguito del rinvio pregiudiziale operato dal pretore di Pinerolo nell’ambito di una controversia che opponeva due dipendenti alla Telecom Italia, si pone in linea con altri pronunciamenti laddove la definizione di “lavoratore” ha valenza comunitaria, non rilevando (contrariamente a quanto sostenuto dalla Telecom) la natura pubblica o privata dell’ente per il quale si lavora, purché i lavoratori siano tutelati come tali dal diritto interno dello Stato. Alla luce di tale principio, i lavoratori conservano i diritti pecuniari dovendosi considerare unitario il rapporto di lavoro iniziato con l’azienda di stato per i servizi telefonici (Asst) e proseguito con la Iritel ( incorporata successivamente dalla Sip, prima di divenire Telecom Italia Spa.). La Corte ha ritenuto applicabile l’art 1 della direttiva n 187/77/Ce che disciplina il mantenimento dei diritti dei lavoratori in caso di trasferimento di imprese.

SENTENZA DELLA CORTE (Sesta Sezione)
14 settembre 2000
«Direttiva 77/187/CEE - Salvaguardia dei diritti dei lavoratori in caso di trasferimenti d’imprese - Trasferimento di un’impresa, esercita da un ente pubblico integrato nell’amministrazione dello Stato, ad una società di diritto privato a capitale pubblico - Nozione di lavoratore - Presa in considerazione dell’anzianità complessiva dei lavoratori da parte del cessionario»
Nel procedimento C-343/98,
avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, a norma dell’art. 177 del Trattato CE (divenuto art. 234 CE), dal Pretore di Pinerolo nella causa dinanzi ad esso pendente tra
Renato Collino,
Luisella Chiappero
e
Telecom Italia SpA,
domanda vertente sull’interpretazione della direttiva del Consiglio 14 febbraio 1977, 77/187/CEE, concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative al mantenimento dei diritti dei lavoratori in caso di trasferimento di imprese, di stabilimenti o di parti di stabilimenti (GU L 61, pag. 26),
LA CORTE (Sesta Sezione),
composta dai signori J.C. Moitinho de Almeida, presidente di sezione, C. Gulmann e J.-P. Puissochet (relatore), giudici,
avvocato generale: S. Alber

cancelliere: H.A. Rühl, amministratore principale
viste le osservazioni scritte presentate:
per il signor Collino e la signora Chiappero, dagli avv.ti C. Dal Piaz e S. Viale, del foro di Torino;
per la Telecom Italia SpA, dagli avv.ti R. Pessi e M. Rigi Luperti, del foro di Roma;
per il governo austriaco, dalla signora C. Pesendorfer, Oberrätin presso il Bundeskanzleramt, in qualità di agente;
per il governo finlandese, dal signor H. Rotkirch, valtionasiamies, in qualità di agente;
per il governo del Regno Unito, dalla signora R. Magrill, Treasury Solicitor’s Department, in qualità di agente, assistita dal signor C. Lewis, barrister;
per la Commissione delle Comunità europee, dai signori D. Gouloussis, consigliere giuridico, e A. Aresu, membro del servizio giuridico, in qualità di agenti,
vista la relazione d’udienza,
sentite le osservazioni orali del signor Collino e della signora Chiappero, rappresentati dagli avv.ti C. Dal Piaz e S. Viale, della Telecom Italia SpA, rappresentata dall’avv. M. Rigi Luperti, del governo finlandese, rappresentato dalla signora T.Pynnä, valtionasiamies, in qualità di agente, e della Commissione, rappresentata dal signor D. Gouloussis e dal signor E. Traversa, membro del servizio giuridico, in qualità di agente, all’udienza del 25 novembre 1999,
sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 18 gennaio 2000,
ha pronunciato la seguente
Sentenza
1.
Con ordinanza 3 settembre 1998, pervenuta in cancelleria il 21 settembre seguente, il Pretore di Pinerolo ha sottoposto a questa Corte, a norma dell’art. 177 del Trattato CE (divenuto art. 234 CE), due questioni pregiudiziali[1] relative all’interpretazione della direttiva del Consiglio 14 febbraio 1977, 77/187/CEE, concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative al mantenimento dei diritti dei lavoratori in caso di trasferimento di imprese, di stabilimenti o di parti di stabilimenti (GU L 61, pag. 26; in prosieguo: la «direttiva»).
2.
Tali questioni sono state sollevate nell’ambito di una controversia che oppone il signor Collino e la signora Chiappero alla Telecom Italia SpA (in prosieguo: la «Telecom Italia»).
Norme comunitarie
3.
Ai termini del suo art. 1, n. 1, la direttiva si applica ai trasferimenti di imprese, di stabilimenti o di parti di stabilimenti ad un nuovo imprenditore in seguito a cessione contrattuale o a fusione.
4.
L’art. 3, n. 1, primo comma, della direttiva dispone che i diritti e gli obblighi che risultano per il cedente da un contratto di lavoro o da un rapporto di lavoro esistente alla data del trasferimento ai sensi dell’art. 1, n. 1, sono, in conseguenza di tale trasferimento, trasferiti al cessionario.
Norme nazionali
5.
L’attuazione della direttiva è garantita, in Italia, dall’art. 2112 del codice civile che dispone in particolare che, in caso di trasferimento d’azienda, il rapporto di lavoro continua con l’acquirente ed il lavoratore conserva tutti i diritti che ne derivano.
6.
L’art. 34 del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, relativo alla razionalizzazione dell’organizzazione delle pubbliche amministrazioni e alla revisione della normativa inmateria di pubblico impiego (Gazzetta ufficiale della Repubblica italiana n. 30 del 3 febbraio 1993, Supplemento ordinario; in prosieguo: il «decreto legislativo n. 29/93»), come modificato, prevede che, in caso di trasferimento o di conferimento di attività svolte da pubbliche amministrazioni, da enti pubblici o dai loro stabilimenti o strutture ad altri soggetti di diritto, pubblici o privati, l’art. 2112 del codice civile si applichi al personale che passa alle dipendenze di questi ultimi, fatte salve le disposizioni speciali.
7.
L’art. 1, n. 1, della legge 29 gennaio 1992, n. 58, relativa alla riforma del settore delle telecomunicazioni (Gazzetta ufficiale della Repubblica italiana n. 29 del 5 febbraio 1992; in prosieguo: la «legge n. 58/92»), ha autorizzato il Ministro delle Poste e Telecomunicazioni a concedere, in via esclusiva, i servizi di telecomunicazioni ad uso pubblico, fino ad allora gestiti dall’amministrazione delle Poste e Telecomunicazioni e dall’Azienda di Stato per i servizi telefonici (in prosieguo: l’«ASST»), ad una società costituita a tale scopo dalla holding di Stato «Istituto per la ricostruzione industriale» (in prosieguo: l’«IRI»). La legge n. 58/92 ha altresì previsto che la nuova società subentri in tutti i diritti e gli obblighi connessi all’esercizio dei servizi interessati nonché l’abolizione dell’ASST.
8.
La legge n. 58/92 ha peraltro istituito un regime speciale e derogatorio rispetto alla disciplina generale sul trasferimento di imprese contenuta nell’art. 2112 del codice civile. In primo luogo, il personale dell’ASST aveva la possibilità di rimanere nel pubblico impiego, oppure divenire dipendente della nuova società concessionaria (art. 4, n. 3). In secondo luogo, la legge n. 58/92 rimetteva alla contrattazione collettiva in sede sindacale il compito di assicurare al personale della nuova società «un trattamento economico globalmente non inferiore a quello precedentemente goduto» (art. 4, n. 5). Infine, il personale che non aveva optato per il suo mantenimento nel pubblico impiego aveva diritto alla liquidazione del trattamento di buonuscita alla data di cessazione del suo rapporto con l’amministrazione (art. 5, n. 5).
9.
Con decreto 29 dicembre 1992 (Gazzetta ufficiale della Repubblica italiana n. 306 del 31 dicembre 1992), il Ministro delle Poste e Telecomunicazioni concedeva servizi di telecomunicazioni ad uso pubblico gestiti dall’amministrazione delle Poste e delle Telecomunicazioni e dall’ASST alla società Iritel SpA (in prosieguo: l’«Iritel»). Il 18 aprile 1994 la società italiana per le telecomunicazioni SpA (in prosieguo: la «SIP»), altra società controllata dall’IRI, ha incorporato l’Iritel prima di assumere la denominazione Telecom Italia SpA.
La causa principale
10.
Fino al 31 ottobre 1993 il signor Collino e la signora Chiappero erano dipendenti dell’ASST, ente di Stato allora incaricato della gestione di taluni servizi di telecomunicazioni ad uso pubblico nel territorio italiano. Il 1° novembre 1993 essi venivano trasferiti alla società Iritel, costituita dall’IRI per subentrare all’ASST ai sensi della legge n. 58/92. Gli stessi venivano assunti il 16 maggio 1994 dalla SIP, divenuta poi Telecom Italia, quando questa ha incorporato l’Iritel.
11.
Il signor Collino e la signora Chiappero, che sono attualmente in quiescenza, hanno proposto il 16 ottobre 1997 dinanzi al Pretore di Pinerolo un ricorso avverso la Telecom Italia al fine di contestare le modalità del loro trasferimento dall’ASST all’Iritel.
12.
I ricorrenti si sono avvalsi, in primo luogo, della nullità parziale dell’accordo sindacale 8 aprile 1993, stipulato in particolare fra le società Iritel e SIP, da un lato, e le organizzazioni sindacali più rappresentative, dall’altro, al fine di attuare l’art. 4, n. 5, della legge n. 58/92. Tale accordo prevedeva infatti che il calcolo degli aumenti retributivi per l’anzianità maturata successivamente al 1° novembre 1993 doveva effettuarsi, per gli ex dipendenti dell’ASST trasferiti all’Iritel, secondo i criteri stabiliti dall’art. 24, terzo comma, del Contratto collettivo nazionale lavoratori per i dipendenti neo assunti. Orbene, i ricorrenti ritengono che avrebbero dovuto fruire delle norme per il calcolo dell’anzianità previste dall’art. 24, primo e secondo comma, del suddetto contratto collettivo in favore dei dipendenti già assunti dalla SIP al momento della stipulazione del detto contratto collettivo, avvenuta il 30 giugno 1992. Tale soluzione, che terrebbe conto dell’unicità del rapporto di lavoro sin dalla loro assunzione presso l’ASST, sarebbe dettata dall’art. 2112 del codice civile che, nel caso di trasferimento di azienda, prevede la continuazione del rapporto di lavoro con l’acquirente.
13.
Il signor Collino e la signora Chiappero hanno contestato, in secondo luogo, il fatto che il trattamento di buonuscita, cui ogni dipendente di diritto pubblico ha diritto all’atto della cessazione del suo rapporto di lavoro con l’amministrazione, sia stata loro liquidata quando hanno lasciato l’ASST senza che, per fatto loro non imputabile, abbiano potuto riversare tale indennità alla SIP. Infatti, in quest’ultimo caso, il loro trattamento di fine rapporto, che spetta ad ogni dipendente di diritto privato in caso di cessazione del rapporto di lavoro e di cui essi hanno fruito al momento della loro collocazione in quiescenza, sarebbe stato calcolato sulla base dell’intero periodo lavorativo. Orbene, l’importo di tale trattamento unico sarebbe stato superiore a quello dei due trattamenti da essi percepiti.
14.
La Telecom Italia ha fatto valere che ambedue le domande erano infondate dato che nessun trasferimento di azienda ai sensi dell’art. 2112 [2] del codice civile era avvenuto tra l’ASST e l’Iritel. Infatti, da un lato, un ente pubblico come l’ASST non costituirebbe un’azienda ai sensi di tale disposizione e, dall’altro, l’esercizio dell’attività in questione sarebbe subordinato al rilascio di una concessione amministrativa.
15.
Nella sua ordinanza di rinvio il Pretore considera anzitutto che un trasferimento di azienda è obiettivamente avvenuto nel caso di specie in quanto tutti i beni e i diritti facenti capo all’ASST sono stati trasferiti all’Iritel e la maggioranza dei dipendenti dell’ASST è stata assunta da quest’ultima società per svolgere, negli stessi locali, le medesime mansioni prestate in passato.
16.
Il Pretore rileva tuttavia che, anche se la direttiva considerata è stata recepita nel diritto italiano con l’art. 2112 del codice civile, l’art. 34 del decreto legislativo n. 29/93 prevede l’applicazione di tale disposizione in caso di trasferimento di azienda tra un ente di diritto pubblico e un ente di diritto privato solo fatte salve norme speciali. Orbene, la legge n. 58/92 ha per l’appunto istituito un regime speciale e derogatorio rispetto alla disciplina generale sul trasferimento di azienda. Quindi, secondo il diritto italiano, i ricorrenti non possono avvalersi dell’art. 2112 del codice civile a sostegno dei loro ricorsi.
17.
Il Pretore nutre tuttavia dubbi sulla compatibilità con la direttiva del regime di deroga istituito con la legge n. 58/92. Egli si chiede, in primo luogo, se la direttiva s’applichi ad un trasferimento avvenuto tra un ente pubblico ed una società di diritto privato controllata da un altro ente pubblico in base a decisioni di amministrazioni pubbliche e mediante una concessione amministrativa. Egli si interroga, in secondo luogo, sulla portata del trasferimento dei diritti e degli obblighi dal cedente al cessionario imposto dalla direttiva, ammesso che questa sia applicabile.
18.
Ritenendo che, in tali circostanze, la soluzione della controversia dipendesse dall’interpretazione della direttiva, il Pretore di Pinerolo ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:
«1)Se rientri nel campo di operatività dell’art. 1 della direttiva CEE 77/187 il caso di un trasferimento oneroso, autorizzato con legge dello Stato e disposto con decreto di un Ministro, di un’impresa esercita da un ente pubblico diretta emanazione dello Stato ad una Società privata, costituita da altro ente pubblico che ne detiene tutte le azioni, quando l’attività oggetto del trasferimento sia affidata alla Società privata in regime di concessione amministrativa.
Nel caso di risposta affermativa al quesito sub 1)
2) a)Se l’art. 3.1 della direttiva 77/187 imponga di ritenere obbligatoria la continuazione del rapporto di lavoro con il cessionario con il conseguente mantenimento dell’anzianità di servizio del lavoratore sin dal giorno dell’assunzione presso il cedente e il diritto alla liquidazione di un unico trattamento di fine rapporto che consideri in modo unitario il periodo lavorativo prestato presso il cedente e presso il cessionario.
b)Se, comunque, il predetto art. 3.1 debba essere interpretato nel senso che tra i diritti del lavoratore che si trasferiscono al concessionario rientrino anche posizioni di vantaggio conseguite dal lavoratore presso il cedente quali l’anzianità di servizio se a questa risultano essere collegati, nella contrattazione collettiva vigente presso il cessionario, diritti di carattere economico».
Sulla ricevibilità del rinvio pregiudiziale
19.
La Telecom Italia sostiene che le questioni pregiudiziali sollevate dal giudice a quo sono irricevibili in quanto quest’ultimo non potrebbe, comunque, applicare le disposizioni della direttiva alla causa principale, la quale vede opporsi esclusivamente privati.
20.
E’ vero che, per giurisprudenza costante, una direttiva di per sé non può creare obblighi a carico di un singolo e non può quindi essere fatta valere in quanto tale nei confronti dello stesso (v., in particolare, sentenze 14 luglio 1994, causa C-91/92, Faccini Dori, Racc. pag. I-3325, punto 20, e 7 marzo 1996, causa C-192/94, El Corte Inglés, Racc. pag. I-1281, punto 15).
21.
Tuttavia, occorre ricordare che, nell’applicare il diritto nazionale, a prescindere dal fatto che si tratti di norme precedenti o successive alla direttiva, il giudice nazionale che deve interpretare il proprio diritto nazionale deve farlo quanto più possibile alla luce della lettera e dello scopo della direttiva per conseguire il risultato perseguito da quest’ultima e conformarsi pertanto all’art. 189, terzo comma, del Trattato CE (divenuto art. 249, terzo comma, CE) (v., in particolare, sentenze Faccini Dori, precitata, punto 26, e 23 febbraio 1999, causa C-63/97, BMW, Racc. pag. I-905, punto 22).
22.
Peraltro, gli amministrati, quando sono in grado di far valere una direttiva nei confronti dello Stato, possono farlo indipendentemente dalla veste nella quale questo agisce, come datore di lavoro o come pubblica autorità. In entrambi i casi è infatti opportuno evitare che lo Stato possa trarre vantaggio dalla sua inosservanza del diritto comunitario (v., in particolare, sentenze 26 febbraio 1986, causa 152/84, Marshall, Racc. pag. 723, punto 49, e 12 luglio 1990, causa C-188/89, Foster e a.,Racc. pag. I-3313, punto 17).
23.
La Corte ha così affermato che fa parte degli enti ai quali si possono opporre le norme di una direttiva idonea a produrre effetti diretti un organismo che, indipendentemente dalla sua forma giuridica, sia stato incaricato, con un atto della pubblica autorità, di prestare, sotto il controllo di quest’ultima, un servizio di interesse pubblico e che dispone a questo scopo di poteri che eccedono i limiti di quelli risultanti dalle norme che si applicano nei rapporti fra singoli (precitata sentenza Foster e a., punto 20).
24.
E’ compito del giudice nazionale accertare, in base alle precedenti considerazioni, se la direttiva potesse essere fatta valere nei confronti dell’Iritel, alla quale la Telecom Italia è subentrata.
25.
Fatte salve tutte le precedenti osservazioni, occorre risolvere le questioni sollevate.
Sulla prima questione
26.
Con la prima questione il giudice a quo mira ad accertare se l’art. 1, n. 1, della direttiva debba essere interpretato nel senso che quest’ultima può applicarsi ad una situazione in cui un ente che gestisce servizi di telecomunicazioni ad uso pubblico ed è gestito da un ente pubblico integrato nell’amministrazione dello Stato costituisce oggetto, a seguito di decisioni delle pubbliche amministrazioni, di un trasferimento a titolo oneroso, sotto forma di una concessione amministrativa, ad una società di diritto privato costituita da un altro ente pubblico che ne detiene tutte le azioni.
27.
La Telecom Italia sostiene che la direttiva non si può applicare in siffatto caso in quanto il trasferimento non risulterebbe da una cessione contrattuale o da una fusione ai sensi dell’art. 1, n. 1, della direttiva stessa. Inoltre, la direttiva implicherebbe che il trasferimento riguardi un ente economico. Orbene l’ASST, quando gestiva servizi di telecomunicazioni ad uso pubblico, garantiva, in favore della collettività, un servizio di pubblico interesse e non perseguiva alcun obiettivo di natura economica.
28.
Il signor Collino e la signora Chiappero, i governi austriaco, finlandese e del Regno Unito nonché la Commissione sostengono invece, riferendosi alla giurisprudenza della Corte, che la direttiva si applica in quanto il trasferimento di cui trattasi ha riguardato un ente incaricato di svolgere un’attività economica. Né l’integrazione iniziale di questo ente nello Stato, né il fatto che tale trasferimento risulti da una legge e da un decreto, né il fatto che l’attività svolta sia soggetta ad un regime di concessione amministrativa possono, a loro avviso, inficiare tale tesi.
29.
La Commissione rileva tuttavia che i dipendenti dell’ASST erano soggetti ad uno statuto di diritto pubblico fino al loro trasferimento all’Iritel. Orbene, la Corte ha affermato che il beneficio della direttiva può essere invocato soltanto da persone che sono, in un modo o nell’altro, tutelate in quanto lavoratori dalle norme dello Stato membro di cui trattasi (sentenza 11 luglio 1985, causa 105/84, Danmols Inventar, Racc. pag. 2639, punto 27). La Commissione, sostenuta in udienza dal governo finlandese, afferma tuttavia che la direttiva si applicherebbe se risultasse che le funzioni svolte dai dipendenti dell’ASST erano, in sostanza, analoghe a quelle esercitate dai dipendenti di una società di diritto privato soggetta al diritto nazionale del lavoro. Tale interpretazione sarebbe corroborata, a suo avviso, dal fatto che l’art. 3 della direttiva si riferisce non soltanto ai contratti di lavoro, ma anche, più in generale, ai rapporti di lavoro.
30.
Da un lato, conformemente ad una giurisprudenza costante, la direttiva si applica a qualsiasi trasferimento di un ente che esercita un’attività economica, indipendentemente dal fatto che esso persegua o meno un fine di lucro (v., in particolare, sentenza 8 giugno 1994, causa C-382/92, Commissione/Regno Unito, Racc. pag. I-2435, punti 44-46).
31.
Per contro, non costituisce un trasferimento di impresa, ai sensi della direttiva, la riorganizzazione di strutture della pubblica amministrazione o il trasferimento di funzioni amministrative tra pubbliche amministrazioni. Infatti, in tal caso, il trasferimento ha ad oggetto attività comportanti l’esercizio di pubblici poteri (sentenza 15 ottobre 1996, causa C-298/94, Henke, Racc. pag. I-4989, punti 14 e 17).
32.
Così, il fatto che il servizio trasferito sia stato concesso da un ente di diritto pubblico, quale un comune, non può escludere l’applicazione della direttiva in quanto l’attività considerata non rientra nell’esercizio dei pubblici poteri (sentenza 10 dicembre 1998, cause riunite C-173/96 e C-247/96, Hidalgo e a., Racc. pag. I-8237, punto 24).
33.
Orbene, la Corte ha affermato - è vero nell’ambito del diritto della concorrenza, ma tale criterio è applicabile nella fattispecie - che la gestione di impianti pubblici di telecomunicazioni e la loro messa a disposizione degli utenti, contro il pagamento di canoni, costituiscono un’attività d’impresa (sentenze 20 marzo 1985, causa 41/83, Italia/Commissione, Racc. pag. 873, punto 18, e, implicitamente, 17 novembre 1992, cause riunite C-271/90, C-281/90 e C-289/90, Spagna e a./Commissione, Racc. pag. I-5833). Inoltre, il fatto che l’esercizio della rete pubblica di telecomunicazioni sia affidato ad un ente che fa parte integrante della pubblica amministrazione non può sottrarre quest’ultimo alla qualifica di impresa pubblica (sentenze 27 ottobre 1993, causa C-69/91, Decoster, Racc. pag. I-5335, punto 15, e Taillandier, causa C-92/91, Racc. pag. I-5383, punto 14).
34.
D’altro lato, il fatto che il trasferimento risulti da decisioni unilaterali delle pubbliche amministrazioni e non da un concorso di volontà non esclude l’applicazione della direttiva (sentenza 19 maggio 1992, causa C-29/91, Redmond Stichting,Racc. pag. I-3189, punti 15-17). La Corte ha così affermato che la direttiva si applica ad una situazione in cui un’autorità pubblica decida di cessare di accordare sovvenzioni ad una persona giuridica che si occupa di fornire un’assistenza a taluni tossicomani e provoca così la cessazione completa e definitiva delle attività di quest’ultima, per trasferirle ad un’altra persona giuridica che persegue un fine analogo (precitata sentenza Redmond Stichting, punto 21).
35.
In tali circostanze, un trasferimento come quello avvenuto nella causa principale rientra nella sfera d’applicazione ratione materiae della direttiva.
36.
Va tuttavia ricordato che il beneficio della direttiva può essere invocato solo dalle persone che, nello Stato membro considerato, sono tutelate in quanto lavoratori in base alla normativa nazionale in materia di diritto del lavoro (precitate sentenze Danmols Inventar, punti 27 e 28, Redmond Stichting, punto 18, e Hidalgo e a., punto 24).
37.
Tale interpretazione è dedotta dal fatto che la direttiva mira soltanto ad un’armonizzazione parziale della materia di cui trattasi, estendendo essenzialmente la tutela garantita ai lavoratori in modo autonomo dal diritto dei vari Stati membri anche all’ipotesi del trasferimento dell’impresa. Il suo scopo è quindi quello di garantire, nei limiti del possibile, la continuazione del contratto di lavoro o del rapporto di lavoro, senza modifiche, con il concessionario, onde impedire che i lavoratori coinvolti nel trasferimento dell’impresa vengano collocati in una posizione meno favorevole per il solo fatto del trasferimento. Essa non mira tuttavia ad instaurare un livello di tutela uniforme nell’intera Comunità secondo criteri comuni (precitata sentenza Danmols Inventar, punto 26).
38.
Da tale giurisprudenza risulta che, contrariamente a quanto sostengono il governo finlandese e la Commissione, la direttiva non si applica alle persone che non sono tutelate in quanto lavoratori in base alla normativa nazionale in materia di diritto del lavoro, indipendentemente dalla natura delle funzioni svolte da dette persone.
39.
La precitata giurisprudenza Danmols Inventar è stata del resto sancita con la direttiva del Consiglio 29 giugno 1998, 98/50/CE, che modifica la direttiva 77/187 (GU L 201, pag. 88), che dev’essere recepita nel diritto degli Stati membri entro il 17 luglio 2001. L’art. 2, n. 1, lett. d), della direttiva così modificata definisce infatti «lavoratore» ogni persona che nello Stato membro considerato è tutelata come un lavoratore nell’ambito del diritto nazionale del lavoro.
40.
Nella specie, gli elementi del fascicolo consentono di ritenere che, al momento del trasferimento di cui trattasi nella causa principale, i dipendenti dell’ASST erano soggetti ad uno statuto di diritto pubblico e non al diritto del lavoro. Tocca tuttavia al giudice nazionale accertarsene.
41.
Pertanto, si deve risolvere la prima questione come segue: l’art. 1, n. 1, della direttiva dev’essere interpretato nel senso che quest’ultima può applicarsi ad una situazione in cui un ente che gestisce servizi di telecomunicazioni ad uso pubblico ed è gestito da un ente pubblico integrato nell’amministrazione dello Stato costituisce oggetto, a seguito di decisioni delle pubbliche amministrazioni, di un trasferimento a titolo oneroso, sotto forma di una concessione amministrativa, ad una società di diritto privato costituita da un altro ente pubblico che ne detiene tutte le azioni. Occorre tuttavia che le persone coinvolte in siffatto trasferimento siano state inizialmente tutelate in quanto lavoratori in base al diritto nazionale in materia di diritto del lavoro.
Sulla seconda questione
42.
Con le due parti della sua seconda questione, che occorre esaminare congiuntamente, il giudice di rinvio mira ad appurare se l’art. 3, n. 1, della direttiva debba essere interpretato nel senso che, per il calcolo dei diritti di natura pecuniaria che sono collegati presso il cessionario all’anzianità dei lavoratori, quali un trattamento di fine rapporto o aumenti di stipendio, il cessionario deve prendere in considerazione tutti gli anni effettuati dal personale trasferito tanto alle sue dipendenze quanto a quelle del cedente.
43.
La Telecom Italia considera innanzi tutto che la prima parte della seconda questione, che verte sul calcolo del trattamento di fine rapporto, sia irricevibile in quanto non risponde ad una necessità oggettiva per la soluzione della causa principale (v., in particolare, sentenza 12 marzo 1998, causa C-319/94, Dethier Équipment, Racc. pag. I-1061). Infatti, il diritto italiano avrebbe espressamente previsto la facoltà per i dipendenti dell’ASST passati all’Iritel di ottenere, mediante il trasferimento a quest’ultima della loro buonuscita, un unico trattamento di fine rapporto calcolato in base a tutti i loro anni di servizio presso entrambi i datori di lavoro.
44.
A questo proposito, occorre ricordare che spetta esclusivamente al giudice nazionale, cui è stata sottoposta la controversia e che deve assumersi la responsabilità dell’emananda decisione giurisdizionale, valutare, alla luce delle particolari circostanze di ciascuna causa, sia la necessità di una pronuncia pregiudiziale per essere in grado di pronunciare la propria sentenza sia la rilevanza delle questioni che sottopone alla Corte (v., in particolare, sentenze 1° dicembre 1998, causa C-200/97, Ecotrade, Racc. pag. I-7907, punto 25, e sentenza 17 giugno 1999, causa C-295/97, Piaggio, Racc. pag. I-3735, punto 24). Il rigetto di una domanda proposta da un giudice nazionale è possibile soltanto qualora risulti in modo manifesto che l’interpretazione o l’esame della validità di una norma comunitaria, chiesti dal detto giudice, non hanno alcuna relazione con l’effettività o l’oggetto della causa principale (v., in particolare, sentenze 21 gennaio 1999, cause riunite C-215/96 e C-216/96, Bagnasco e a., Racc. pag. I-135, punto 20).
45.
Nella specie, il giudice a quo nell’ordinanza di rinvio ha affermato che, in forza della legge n. 58/92, il personale dell’ASST che non aveva optato per il suo mantenimento nella pubblica amministrazione aveva diritto alla liquidazione del trattamento di buonuscita alla data di cessazione del suo rapporto con l’amministrazione. Ha del pari osservato che il signor Collino e la signora Chiappero hanno contestato il versamento della buonuscita in quanto, al momento del loro pensionamento, essa li avrebbe privati, per motivi indipendenti dalla loro volontà, di un trattamento di fine rapporto calcolato in base a tutti i loro anni di servizio presso il cedente e presso il cessionario.
46.
Ne consegue che l’interpretazione del diritto comunitario chiesta dal giudice a quo nella prima parte della sua seconda questione non è manifestamente priva di collegamento con l’oggetto della causa principale e che tale questione è quindi ricevibile.
47.
Nel merito, la Telecom Italia propone di risolvere negativamente le due parti della questione sollevata. Sostiene infatti che il lavoratore trasferito, anche se conserva i diritti scaturenti dal suo rapporto di lavoro con il suo ex datore di lavoro, non può fruire dei vantaggi vigenti presso il suo nuovo datore di lavoro in base agli anni di servizio precedenti al suo trasferimento.
48.
Il signor Collino e la signora Chiappero, i governi austriaco, finlandese e del Regno Unito, nonché la Commissione, controdeducono che, ai sensi dell’art. 3, n. 1, della direttiva, il cessionario è vincolato da tutti gli obblighi contratti dal cedente nei confronti dei suoi lavoratori, ivi compresi gli obblighi sorti prima del trasferimento. Ne consegue che per il calcolo dei diritti del lavoratore collegati all’anzianità il cessionario deve prendere in considerazione anche gli anni di servizio da questo effettuati prima del suo trasferimento.
49.
In forza dell’art. 3, n. 1, primo comma, della direttiva, i diritti e gli obblighi che risultano per il cedente da un contratto di lavoro o da un rapporto di lavoro esistente alla data del trasferimento ai sensi dell’art. 1, n. 1, sono, in conseguenza di tale trasferimento, trasferiti al cessionario. La direttiva mira quindi a garantire laconservazione dei diritti dei lavoratori in caso di cambiamento dell’imprenditore consentendo loro di rimanere alle dipendenze del nuovo datore di lavoro alle stesse condizioni pattuite con il cedente (v. sentenze 5 maggio 1988, cause riunite 144/87 e 145/87, Berg e Busschers, Racc. pag. 2559, punto 12, e 25 luglio 1991, causa C-362/89, D’Urso e a., Racc. pag. I-4105, punto 9).
50.
Come ha rilevato l’avvocato generale al paragrafo 91 delle sue conclusioni, l’anzianità acquisita dai lavoratori trasferiti presso il loro originario datore di lavoro non costituisce, di per sé, un diritto che questi potrebbero far valere presso il loro nuovo datore di lavoro. Per contro, l’anzianità serve a determinare taluni diritti dei lavoratori di natura pecuniaria e sono questi diritti che dovranno, se del caso, essere salvaguardati dal cessionario in modo identico al cedente.
51.
Ne consegue che, per il calcolo di diritti di natura pecuniaria, quali un trattamento di fine rapporto o aumenti di stipendio, il cessionario è tenuto a prendere in considerazione tutti gli anni di servizio effettuati dal personale trasferito nella misura in cui questo obbligo risultava dal rapporto di lavoro che vincolava tale personale al cedente e conformemente alle modalità pattuite nell’ambito di detto rapporto.
52.
Tuttavia, ove il diritto nazionale consenta, al di fuori dell’ipotesi di un trasferimento di impresa, di modificare il rapporto di lavoro in senso sfavorevole ai lavoratori, in particolare per quanto riguarda la loro tutela contro il licenziamento e le loro condizioni di retribuzione, una modifica del genere non è esclusa per il semplice fatto che l’impresa sia stata nel frattempo trasferita e che, di conseguenza, l’accordo sia stato concluso con il nuovo imprenditore. Infatti, dato che il cessionario, a norma dell’art. 3, n. 1, della direttiva, è surrogato al cedente nei diritti e negli obblighi derivanti dal rapporto di lavoro, questo può essere modificato nei confronti del cessionario negli stessi limiti in cui la modifica sarebbe stata possibile nei confronti del cedente; ben inteso, in nessun caso il trasferimento dell’impresa può costituire di per sé il motivo di tale modifica (v., in particolare, sentenze 10 febbraio 1988, causa 324/86, Tellerup, cosiddetta «Daddy’s Dance Hall», Racc. pag.739, punto 17, e 12 novembre 1992, causa C-209/91, Watson Rask e Christensen, Racc. pag. I-5755, punto 28).
53.
Si deve pertanto risolvere la seconda questione come segue: l’art. 3, n. 1, primo comma, della direttiva deve essere interpretato nel senso che, per il calcolo dei diritti di natura pecuniaria collegati presso il cessionario all’anzianità dei lavoratori, quali un trattamento di fine rapporto o aumenti di stipendio, il cessionario è tenuto a prendere in considerazione tutti gli anni effettuati dal personale trasferito tanto alle sue dipendenze quanto a quelle del cedente, nella misura in cui tale obbligo risultava dal rapporto di lavoro che vincolava tale personale al cedente e conformemente alle modalità pattuite nell’ambito di detto rapporto. La direttiva non osta tuttavia a che il cessionario modifichi i termini di detto rapporto di lavoro ove il diritto nazionale consenta siffatta modifica al di fuori dell’ipotesi di un trasferimento d’impresa.
Sulle spese
54.
Le spese sostenute dai governi austriaco, finlandese e del Regno Unito, nonché dalla Commissione, che hanno presentato osservazioni alla Corte, non possono dar luogo a rifusione. Nei confronti delle parti nella causa principale il presente procedimento costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese.
Per questi motivi,
LA CORTE (Sesta Sezione),
pronunciandosi sulle questioni sottopostele dal Pretore di Pinerolo con ordinanza 3 settembre 1998, dichiara:
1)L’art. 1, n. 1, della direttiva del Consiglio 14 febbraio 1977, 77/187/CEE, concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative al mantenimento dei diritti dei lavoratori in caso di trasferimento di imprese, di stabilimenti o di parti di stabilimenti, dev’essere interpretato nel senso che quest’ultima può applicarsi ad una situazione in cui un ente che gestisce servizi di telecomunicazioni ad uso pubblico ed è gestito da un ente pubblico integrato nell’amministrazione dello Stato costituisce oggetto, a seguito di decisioni delle pubbliche amministrazioni, di un trasferimento a titolo oneroso, sotto forma di una concessione amministrativa, ad una società di diritto privato costituita da un altro ente pubblico che ne detiene tutte le azioni. Occorre tuttavia che le persone coinvolte in siffatto trasferimento siano state inizialmente tutelate in quanto lavoratori in base al diritto nazionale nell’ambito del diritto del lavoro.
2)L’art. 3, n. 1, primo comma, della direttiva 77/187 deve essere interpretato nel senso che, per il calcolo dei diritti di natura pecuniaria collegati presso il cessionario all’anzianità dei lavoratori, quali un trattamento di fine rapporto o aumenti di stipendio, il cessionario è tenuto a prendere in considerazione tutti gli anni effettuati dal personale trasferito tanto alle sue dipendenze quanto a quelle del cedente, nella misura in cui tale obbligo risultava dal rapporto di lavoro che vincolava tale personale al cedente e conformemente alle modalità pattuite nell’ambito di detto rapporto. La direttiva 77/187 non osta tuttavia a che il cessionario modifichi i termini di detto rapporto di lavoro ove il diritto nazionale consenta siffatta modifica al di fuori dell’ipotesi di un trasferimento d’impresa.
Moitinho de Almeida
Gulmann
Puissochet
Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 14 settembre 2000.
Il cancelliere
Il presidente della Sesta Sezione
R. Grass
J.C. Moitinho de Almeida
1: Lingua processuale: l’italiano.


[1]  Accanto alla giurisdizione in materia contenziosa, è attribuita alla Corte ai sensi dell’art 177 del Trattato CEE una giurisdizione non contenziosa a titolo pregiudiziale sulla interpretazione dei trattati e la validità delle interpretazioni degli atti delle istituzioni comunitarie. E’ una attribuzioni di altissimo rilievo finalizzata ad evitare che i giudici nazionali attribuiscano significati diversi a norme dei Trattati. In tal modo si cerca una uniformità nell’interpretazione del diritto.

[2] L’articolo prevede che in caso di trasferimento di azienda il dipendente prosegue il suo rapporto di lavoro con l’acquirente con relativa conservazione dei diritti che ne derivano. Non solo, ma il lavoratore può rivolgersi sia al venditore che all’acquirente dell’azienda per tutti i crediti maturati al tempo del trasferimento.