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lunedì 29 febbraio 2016

La prima sentenza contraria della Cassazione

La prima sentenza contraria della Cassazione

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Cassazione civile sez. lav. - 26 novembre 2009 - n. 24915
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. RAVAGNANI Erminio - Presidente –
Dott. BATTIMIELLO Bruno - rel. Consigliere –
Dott. LAMORGESE Antonio - Consigliere –
Dott. D'AGOSTINO Giancarlo - Consigliere –
Dott. TOFFOLI Saverio - Consigliere –
ha pronunciato la seguente: ordinanza sul ricorso 23533/2008
proposto da:
IPOST - ISTITUTO POSTELEGRAFONICI - GESTIONE COMMISSARIALE FONDO BUONUSCITA POSTE ITALIANE SPA in persona del Procuratore Speciale, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA PASUBIO 15, presso lo studio dell'avvocato BUZZELLI DARIO, che la rappresenta e difende, giusta procura speciale a margine del ricorso; - ricorrente -
contro
L.P., elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE GLORIOSO 13, presso lo studio dell'avv. BUSSA LIVIO, che la rappresenta e difende unitamente all'avv. GUGLIELMO DURAZZO, giusta procura speciale a margine del controricorso e ricorso incidentale; - controricorrente e ricorrente incidentale –
contro
IPOST - ISTITUTO POSTELEGRAFONICI - GESTIONE COMMISSARIALE FONDO BUONUSCITA POSTE ITALIANE SPA in persona del Procuratore Speciale, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA PASUBIO 15 (d'ora in poi per brevità anche Ipost), presso lo studio dell'avvocato BUZZELLI DARIO, che la rappresenta e difende, giusta procura speciale a margine del controricorso al ricorso incidentale; - ricorrenti incidentali –
avverso la sentenza n. 12 99/2007 della CORTE D'APPELLO di TORINO del 9.11.07, depositata il 04/12/2 007; udito per la controricorrente e ricorrente incidentale l'Avvocato Livio Bussa che si riporta agli scritti;
E' presente il P.G. in persona del Dott. RICCARDO FUZIO che nulla osserva rispetto alla relazione scritta.
PREMESSO IN FATTO
1. L.P., dipendente di Poste Italiane SpA cessata dal servizio in data successiva al 28.2.1998, ha agito in giudizio per la condanna dell'IPOST Gestione Commissariale Fondo Buonuscita Poste Italiane SpA – al pagamento delle differenze sull'indennità di buonuscita risultanti dal calcolo sulla base della retribuzione spettante alla data di cessazione dal servizio; in subordine, al pagamento della rivalutazione e degli interessi legali sull'indennità calcolata dalla data del 28.2.1998 al saldo; in ulteriore subordine, alla rivalutazione dell'indennità calcolata a questa data secondo le disposizioni di cui alla L. n. 297 del 1982, art. 5, comma 1.
2. Il primo giudice ha accolto la domanda principale, e la sentenza sopra specificata rigetta l'appello di IPOST. 3. Vi è ricorso principale per due motivi di IPOST e ricorso incidentale condizionato per un motivo della parte resistente, con controricorso.
A seguito di relazione ai sensi dell'art. 380 bis c.p.c., è stata fissata l'adunanza della Corte per la decisione dei ricorsi in Camera di consiglio.
RITENUTO IN DIRITTO
1. La Corte riunisce il ricorso principale e quello incidentale, proposti contro la stessa sentenza (art. 335 c.p.c.).
2. Con il primo motivo del ricorso principale IPOST denuncia violazione di norme di diritto, formulando il quesito di diritto nei seguenti termini: se l'indennità di buonuscita spettante ai dipendenti postali cessati dal servizio successivamente alla data di trasformazione dell'Ente Poste Italiane in Poste Italiane SpA (28.2.1998) debba essere calcolata, ai sensi della L. n. 449 del 1997, art. 53, comma 6, e del D.P.R. n. 1032 del 1973, art. 3, inserendo nella base di calcolo di cui agli artt. 3 e 38 del menzionato decreto l'ultimo stipendio goduto dal lavoratore alla predetta data di trasformazione, senza prendere in considerazione eventuali miglioramenti o incrementi stipendiali successivi a tale data.
3. Il motivo è manifestamente fondato, dovendosi dare risposta affermativa al quesito, formulato nel rispetto delle prescrizioni di cui all'art. 366 bis c.p.c., conformemente ai precedenti della giurisprudenza della Corte sulla questione (sentenze n. 28281/2008 e n. 17987/2009).
4. Si riassumono le argomentazioni che dimostrano la non conformità a legge della decisione impugnata. 4.1. Il rapporto di lavoro dei dipendenti dell'azienda postale è divenuto, con la trasformazione dell'azienda autonoma statale in ente pubblico economico, di diritto privato dal 1 gennaio 1994 (ancorchè la disciplina sostanziale del pubblico impiego abbia cessato di trovare applicazione solo con la stipulazione del primo contratto collettivo); nondimeno nulla è stato innovato in ordine al trattamento di quiescenza costituito dall'indennità di buonuscita, erogazione di natura previdenziale dovuta dall'Ipost e calcolata secondo la disciplina in vigore per i dipendenti statali (D.L. n. 487 del 1993, conv, in L. n. 71 del 1994, art. 6).
4.2. In coincidenza con la perdita anche del predicato "pubblico" del soggetto datore di lavoro (trasformato in SpA), a decorrere dal 28.2.1998, ai dipendenti postali spetta il trattamento di fine rapporto di cui all'art. 2120 c.c., e, per il periodo di lavoro precedente, l'indennità di buonuscita maturata e calcolata secondo la normativa vigente alla stessa data (L. n. 449 del 1997, art. 53, comma 6). Dalla stessa data è stato soppresso il contributo dovuto dal datore di lavoro all'Ipost ai sensi del D.P.R. n. 1032 del 1973, art. 37. Continuava, invece, ad essere dovuto (ovviamente, non più a titolo di rivalsa) il contributo a carico dei lavoratori in forza di eventi normativi successivi (D.L. n. 4 del 1998, n. 4, art. 2, comma 4, conv. in L. n. 52 del 1998; L. n. 388 del 2000, art. 68, comma 4), ma in misura ridotta e fino al 31.12.2002, Si trattava però di un contributo imposto in funzione delle esigenze di finanziamento dell'Ipost, completamente svincolato dall'importo della controprestazione, cioè dall'ammontare dell'indennità di buonuscita al 28.2.1998 (la legittimità costituzionale dell'imposizione è stata scrutinata proprio sulla base di tale interpretazione: C. cost. n. 259 del 2002).
4.3. Il significato della normativa, fatto palese dalle parole usate e dall'intenzione del legislatore, è, quindi, il seguente: a) soppressa la contribuzione, immediatamente quella dovuta dal datore di lavoro e dopo un certo tempo quella a carico dei lavoratori, viene meno il tratto essenziale della prestazione di natura previdenziale, cosicchè l'indennità di buonuscita (sebbene posta a carico di Ipost e non del datore di lavoro) è sottratta al regime giuridico del D.P.R. n. 1032 del 1973, divenendo una componente del trattamento di fine rapporto, da corrispondere alla cessazione dal servizio unitamente al t.f.r. maturato successivamente; b) l'importo dell'indennità è quello maturato alla data del 28.2.1998 secondo le disposizioni di legge vigenti alla stessa data, divenendo insensibile sia rispetto alle modificazioni successive della normativa, sia rispetto agli ulteriori incrementi stipendiali (sui quali, infatti, non sono dovuti contributi dal datore di lavoro, mentre quelli a carico dei lavoratori limitatamente al periodo fino al 31.12.2002, non sono più correlati all'ammontare dell'indennità).
4.4. In definitiva, la L. n. 449 del 1997, art. 53, comma 6, si conforma alle linee generali del sistema introdotto con la L. 29 maggio 1982, n. 297, il cui art. 5 stabilisce espressamente che l'indennità di anzianità maturata al 30 maggio 1982 deve essere calcolata nel suo ammontare a tale data e, quindi, accantonata, per essere poi concretamente corrisposta alla risoluzione del rapporto, insieme agli accantonamenti contabilizzati dopo quella data anno per anno, così cristallizzando l'ammontare del maturato al 30 maggio 1982. Diversamente, però dal sistema della L. del 1982, per il quale all'accantonamento corrispondente all'indennità di anzianità si applica la rivalutazione prevista per ogni altro accantonamento annuale, l'indennità di buonuscita maturata dai dipendenti postali alla data del 28.2.1998 resta completamente "congelata". Non è tuttavia consentito, sotto questo profilo, dubitare della legittimità costituzionale della previsione legislativa perchè la Corte costituzionale (sentenza n. 366 del 2006; ordinanza n. 444 del 2007) ha specificamente esaminato, giudicandola infondata, la questione della conformità ai principi costituzionali della regola legislativa del "congelamento" dell'importo dell'indennità di buonuscita calcolato al 28.2.1998, insensibile, quindi, non solo rispetto ai successivi aumenti stipendiali, ma sottratta anche, nel periodo intercorrente tra la predetta data e la cessazione dal servizio, a qualunque forma di rivalutazione, non trovando applicazione le disposizioni della L. n. 297 del 1982.
4.5. La richiamata giurisprudenza costituzionale toglie fondamento anche al richiamo del principio affermato dalla stessa Corte costituzionale (sent. n. 169 del 1969) in tema di trattamento di quiescenza dei dipendenti della soppressa Opera Nazionale Maternità e Infanzia transitati nei ruoli degli enti locali, tenuto conto altresì della diversità della situazione tra aventi diritto ad un trattamento di fine rapporto in base all'ultima retribuzione e quella dei lavoratori postali, assoggettati al regime del t.f.r. per il quale rilevano soltanto i corrispettivi ricevuti per ciascuno degli anni di riferimento. Per queste stesse ragioni non risulta pertinente il richiamo della Direttiva Cee n. 187/1977 in tema di mantenimento dei diritti dei lavoratori in caso di trasferimento di impresa: nella fattispecie la continuità dei rapporti di lavoro è fuori discussione e la vicenda concerne esclusivamente la modificazione di istituti propri dei detti rapporti.
5. Il secondo motivo, con il quale si contesta la ritenuta inapplicabilità del termine dilatorio al pagamento di detta indennità, resta assorbito perchè proposto in via subordinata.
6. Il ricorso incidentale condizionato, con il quale si ripropongono le domande subordinate, rimaste assorbite nell'accoglimento della domanda principale, è manifestamente infondato. Con l'unico motivo parte ricorrente sostiene che, qualora non sia possibile il calcolo della buonuscita maturata alla data del 28.2.1998 con il computo del trattamento retributivo in atto al momento del (successivo) pensionamento, debbano essere riconosciuti interessi e rivalutazione monetaria dal 28.2.1998 alla data della effettiva erogazione del trattamento o, in alternativa, la rivalutazione dell'importo secondo le disposizioni della L. n. 297 del 1982, art. 1, (così il quesito di diritto). In contrario, si osserva che la prima soluzione presupporrebbe un ritardo (ancorchè incolpevole) nel pagamento del t.f.r.; ipotesi da escludere, in quanto il t.f.r., con la componente della buonuscita, diviene esigibile solo al momento della cessazione dal servizio. Quanto alla seconda soluzione, la risposta negativa viene dalla impossibilità di applicare analogicamente la disposizione della L. n. 297 del 1982, art. 1, ad una norma - l'art. 53, comma 6, citato - che non presenta lacune di alcun genere. Ma, a ben vedere, sono la citata sentenza costituzionale n. 366 del 2006 e la conforme ordinanza n. 444 del 2007, la quale ultima riguarda proprio l'art. 2120 c.c., come modificato dalla L. n. 297 del 1982, ad escludere che possa farsi applicazione d'uno dei meccanismi di rivalutazione prospettati nell'odierno ricorso incidentale, in quanto la Corte costituzionale ha giudicato la suddetta norma, di cui non ha ipotizzato interpretazioni alternative, non in contrasto con i parametri costituzionali degli artt. 3, 36 e 38, sebbene non preveda alcuna forma di indicizzazione o di adeguamento monetario nel tempo dell'importo in questione, calcolato alla data del 28.2.1998 in base alla retribuzione in atto a quel momento.
7. In conclusione, va accolto il ricorso principale, mentre va rigettato il ricorso incidentale. La sentenza impugnata va quindi cassata; e, non risultando necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa può essere decisa nel merito con il rigetto della domanda avente ad oggetto il ricalcolo dell'indennità di buonuscita. L'onere delle spese dei giudizi di merito e di cassazione, liquidate come in dispositivo, segue la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte riunisce i ricorsi; accoglie il primo motivo del ricorso principale e dichiara assorbito il secondo. Rigetta il ricorso incidentale.
Cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta la domanda di ricalcolo dell'indennità di buonuscita. Condanna L.P. al pagamento delle spese dei giudizi di merito e di cassazione, liquidate, per il primo grado, in complessivi Euro 1.930,00, di cui Euro 695,00 per diritti e Euro 1.230,00 per onorario; per il secondo grado in complessivi Euro 2.395,00, di cui Euro 680,00 per diritti e Euro.710,00 per onorario; per il giudizio di cassazione in C^O.Ct^ser esborsi e in Euro 1.800,00 per onorario; oltre a spese generali, IVA e CPA per ciascuno dei giudizi di merito e per quello di cassazione.
Così deciso in Roma, il 29 settembre 2009.


Depositato in Cancelleria il 26 novembre 2009

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